venerdì 30 novembre 2007

Christian Bobin, GEAI

















In breve...
Un ragazzo di otto anni, Albain, incontra Geai sotto la superficie ghiacciata del lago Saint-Sixte nell’Isère. A Geai piacciono i bambini. I due cominciano a chiacchierare e a parlarsi. Ma quando torna a casa, Albain si trova in un mondo tutto diverso: i genitori sono in crisi, la mamma è spesso via e il papà sa comunicare solo con gli schiaffi. Difficile parlare con persone così, più facile farlo con le sue due sorelline più piccole: Babille e Cogne. Per fortuna c’è Prune, la sua piccola amica che comincia ad essere un po’ gelosa della misteriosa signora del lago. Così un bel giorno, decide di andare a conoscerla. Si reca insieme ad Albain al lago Saint-Sixte, ma niente da fare, là non c’è nessuno: solo Albain riesce a parlare con la misteriosa signora. Un bel giorno, il giovane protagonista si ritrova in un letto di ospedale. Tre mesi di coma. Un incidente. Forse le sue gite sulla neve: le peripezie sulla slitta. Suo padre è molto preoccupato. Passata la paura, il piccolo torna a casa, riprende la vita di tutti i giorni: i compiti, la scuola. Da quando ha fatto l’incidente, ha forti emicranie: fa fatica a concentrarsi, a studiare, anche se gli piace il suo maestro, un uomo un po’ strano e innamorato. Ha metodi pedagogici insoliti: racconta sempre di una donna che abita nel Nord; dice di esserne molto innamorato, così tutti gli alunni scrivono alla sua innamorata per sapere quando tornerà nell’Isère – Albain ha capito che questa donna non esiste, ma che è un trucco per far scrivere loro lettere che poi il maestro correggerà.
Un pomeriggio, Albain non riesce a concentrarsi per fare il tema. La mamma entra nella stanza e non si accorge che Geai è lì con lui per aiutarlo. Albain può vedere o sentire Geai, nessun altro può farlo, ma quando lei passa, le persone iniziano a sbadigliare...

La narrazione di Bobin continua semplicemente come è iniziata: il ragazzo diventa grande, comincia a lavorare e incontra l’amore. Da quel giorno, Geai scomparirà.
La storia, in sé, è molto semplice e sviluppa in modo narrativo tutti i nuclei del pensiero e della vita di Bobin che, a mio avviso, non possono essere disgiunti. Ma tuttavia, Geai non è un romanzo autobiografico, anche se ha in sé molto che nasce dalla vita del suo autore. Non vorrei sembrare una guardona che cerca la vita dell’autore nelle sue opere, ma essendo rimasta per molto tempo in compagnia di Christian Bobin, mi viene del tutto naturale cercare di conoscerlo, anche “di persona”. I riferimenti che si trovano alla sua vita celata o manifesta, rendono la sua opera ancora più indifesa. Essa si offre al lettore in una nudità disarmante. Non vi è il grande ego che dall’alto detta le sue opinioni, c’è solo un uomo che attende, scrive, vive. Come tutti, come tanti, ma sotto certi aspetti, forse, come pochi.

Il Lago ghiacciato di Saint-Sixte, nell’Isère [1] fa sicuramente parte dei posti da lui conosciuti e amati, molto probabilmente un luogo colmo di memoria. Saint-Ondras[2], la cittadina dove ha abitato l’amica Ghislaine, si trova a mezzora di strada dal lago. Lo stesso Albain, a tratti, ricorda Christian adolescente, così come egli stesso si racconta in Prisonnier au berceau[3] e ne La luce del mondo[4], dove incontriamo Christian giovane, con le sue difficoltà per inserirsi nel mondo del lavoro, dovute per lo più alle dinamiche relazionali che una professione presuppone, (almeno nella maggior parte dei casi). Per entrambi, il primo impatto sarà traumatico: Albain si imbatterà nell’ ”abominevole” venditore di pentole, mentre Christian ricorderà il giorno in cui due agenti di qualche assicurazione, si sono affacciati al portone di casa per iniziarlo al lavoro.
Anche l’incidente sulla slitta e i tre giorni di coma sono probabilmente parte del suo vissuto: otto anni dopo (in Bibliothèque de nuages[5]), Bobin racconterà di aver rischiato di morire a vent’anni (non ci dice come) e di aver avuto suo padre al capezzale del letto, come il giovane Albain.
Ma ciò che conta non è l’elemento autobiografico in sé, bensì la vita che dà ninfa e vigore all’opera. In Bobin non c’è una pagina scritta “più importante della vita”, in lui incontriamo una scrittura che mette in luce e dà respiro alla vita, senza edulcorarla. La scrittura ha aiutato Bobin ad uscire dai suoi momenti bui. E’ un dono e come tale è gioia pura.
Ciò che vivo di chiaro viene continuamente strappato al cupo, ricerco il mio amore sino negli inferi. Vi rendete conto di quanto debbano essere oscuri i contorni di questa luce perché io sia abbagliato dal blu di un’ortensia dalla semplice parola di una madre al figlio?[6]”: è ciò che leggiamo nel libro-intervista di Lydia Dattas[7]

Non solo il lago Saint-Sixte, l’amica Ghislaine – una presenza di luce diffusa - ma anche la più marginale figura del brocanteur (rigattiere) la ritroveremo in Une bibliothèque de nuages[8], otto anni dopo. Gli oggetti abbandonati hanno tutti una storia e il brocanteur è il loro custode. Il custode del tempo - salvatore dall’oblio che tiene in vita gli oggetti, rimettendoli in un ciclo vitale. Il solo giacere in una vetrina, l’essere accarezzati o desiderati da altri occhi, li rende vivi. Bobin, in questo, è maestro: egli non trasfigura un semplice rigattiere facendone una persona quasi irreale, al contrario, gli restituisce l’identità più profonda unita alla nostra attenzione. Invita a una giustizia dello sguardo che ridà luce e vita al mondo.
Dopo una serie di peripezie professionali, il giovane Albain troverà lavoro proprio presso il rigattiere di Besançon, che vive a Dole.

Geai è un libro ricchissimo d’infanzia: Albain è un bimbo che deve diventare grande; come scrive Mario Bertin nella prefazione di Elogio del nulla, “un riferimento costante nell’opera di Bobin son i bambini. Ma non alla maniera inquietante di Michel Tournier. I bambini di Bobin sono, al medesimo tempo, modelli e interlocutori, perché sono capaci di una conoscenza immediata, perché sanno vedere anche quello che l’adulto non è in grado di vedere, quello che alla persona adulta è invisibile.”[9] Un bambino diventa adulto quando è capace di mentire su ciò che è, come tutti gli adulti sanno fare[10], e forse per questo Albain diverrà grande scegliendo proprio di non mentire a se stesso e agli altri, senza diventare per tale ragione, né ingenuo né cinico.
Vi è un momento centrale nel libro in cui Albain sembra far da controcanto o “fare il verso” a Antoine Roquentin, celeberrimo personaggio de La Nausea di Sartre. Una mattina, il giovane Albain anziché uscire per recarsi al lavoro, resta incantato alla vista del marronnier (ippocastano) che scorge davanti a casa. Assorto in alcune meditazioni sull’inferno e il paradiso, resta seduto in contemplazione davanti all’ippocastano. Egli prova una gioia profonda e nessuna nausea.
Albain ha fatto la prima colazione davanti all’albero. La prima colazione è durata una decina di ore. Dio mio, com’è bella questa vita e com’è ben fatta: dentro di noi qualcosa ha fame. Fuori, una quantità infinita di cibo, più del necessario. […] Geai è accanto ad Albain, davanti alla finestra. Il vivo e la morta guardano l’ippocastano. Il sorriso di Geai è diminuito di intensità. E’ meno accentuato del solito. Davanti all’albero, Geai riconosce qualcosa della vita che non possiede più. E riconoscerlo si accompagna a una lieve malinconia.[11]

Geai, come La folle allure[12], è dunque un romanzo di iniziazione, di una crescita interiore. I protagonisti vivono profondi mutamenti e in questo continuo movimento, Albain incontra Rosamonde. Un nome che fa esistere due persone: la madre e la figlia. “Rosamonde è il nome del legame fra quella madre e quella figlia[13]”. Albain si innamora di entrambe o meglio “non si è innamorato di una persona sola, ma dell’unione fra questa persona e un’altra, dell’universo che vibra all’interno di questa unione. Si crede di amare degli individui. In realtà, si amano dei mondi[14]”.
Albain decide di restare con loro. Geai, a questo punto, non ha più ragione di rimanergli accanto.

Rosemonde è due
Rosamonde è due. Sì, lo so che questa frase non suona bene. Ma è impossibile scriverla diversamente. Rosamonde è due. Rosamonde è il nome dato da Albain a una visione che lo ha incantato. Visione che è apparsa sulla soglia del suo negozio. Una madre e sua figlia. Rosamonde è il nome del legame fra quella madre e quella figlia. E’ questo legame che ha incantato Albain. Rosamonde è il nome di questo incanto. Si può scriverlo così: Albain si è innamorato, a condizione di precisare che non si è innamorato di una persona sola, ma dell’unione fra questa persona e un’altra, dell’universo che vibra all’interno di quest’unione. Si crede di amare degli individui. In realtà si amano dei mondi.[15]

Se Rosemonde è "il nome di questo incanto", quale mondo evoca il nome Geai? Geai è il nome di un piccolo uccello dalle piume screziate di blu e marrone: la ghiandaia; lo ritroviamo spesso nei libri di Bobin in compagnia dei passeri, delle tortore e dei pettirossi: portatori di gioia insieme al tiglio e alla betulla cha abitano dinnanzi alla casa del nostro autore che come Emily Dickinson, fa esperienza della natura[16]
In un brano di Prisonnier au berceau [17], Bobin ci parla di questo piccolo essere che porta in sé la durezza delle battaglie e la grazia dell’universo:

La ghiandaia è un uccello pesante, di buon grado battagliero. Nelle foreste, a volte, si scoprono le vestigia delle sue guerre: lunghe piume marroni strappate a ciuffi e, quasi invisibili, minuscole piume striate di blu: bagliori di vetro del paradiso, come se qualcuno avesse lanciato una pietra contro un vetro nelle profondità dei cieli. Non capisco come tanta grazia possa venir fuori da così aspre battaglie. La durezza di questo blu mi acceca come una verità eterna.[18]
Vi invito a leggere Geai per scoprire gli altri mondi che evoca il suo nome.
Il libro è stato pubblicato in Italia dalla San Paolo nel 2000 e, a mio parere (la San Paolo non me ne voglia!), la scelta della copertina non rende giustizia al contenuto di quest’opera.
Le foto mostrano il Lago di Saint-Sixte.
Note
[1] Isère: dipartimento della regione Rhône Alpes, regione del sud-est della Francia, al confine con l’Italia.
[2] Una cittadina a tre ore da Torino! Così registra il motore di ricerca Google map!!
[3] Prisonnier au berceau, Mercure de France, 2005. (Prigioniero nel Paese dell’infanzia – così tradurrei il titolo del libro non ancora uscito in Italia).
[4] La luce del mondo, Gribaudi 2001.
[5] Une bibliothèque de nuages, Lettres vives, 2006, p. 30.
[6] La luce del mondo, Gribaudi 2001, p. 20.
[7] La luce del mondo, Gribaudi, 2001.
[8] Geai, San Paolo, 2000 pp. 94-95; Une bibliothèque de nuages, Letres vives, 2006, p. 41.
[9] Elogio del nulla, Servitium, 2005, p. 8.
[10] Elogio del nulla, Servitium, 2005, p. 25.
[11] Geai, San Paolo, 2000 pp. 64-65.
[12] La Folle allure, Gallimard, 1995 (non ancora pubblicato in Italia).
[13] Geai, San Paolo, 2000, p. 85.
[14] Geai, San Paolo, 2000, p. 85.
[15] Geai, San Paolo, p. 85.
[16] La luce del mondo, p. 27.
[17] Prisonnier au berceau, Mercure de France 2005 (Prigioniero nel Paese dell’infanzia – così tradurrei il titolo del libro non ancora pubblicato in Italia).
[18] Prisonnier au berceau, Mercure de France 2005, p. 71.


















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