giovedì 1 aprile 2010

FRAMMENTI DEL TREDICESIMO MESE di Elena Petrassi






Tredici lunghi racconti introdotti da dodici mesi e un loro frammento. Tredici ouverture nelle quali la voce narrante della città avvolge nell’atmosfera, che è propria di ciascun mese, se stessa e i suoi abitanti. Una Milano tratteggiata e scandita nello spazio: vie, piazze, case, palazzi, locali, loft e nel tempo: frammenti di un mosaico disgregato che vorrebbero ricomporre la memoria degli anni settanta, ottanta e novanta ma che lasciano, volutamente, una sensazione di incompiutezza. Di frammento.
Un romanzo dai continui rimandi: vite che vorrebbero trovare una loro unità nella scansione dei dodici mesi ma che restano sospese: frammenti, volti appena tratteggiati che si dileguano nel tredicesimo mese dove la morte di Caterina (personaggio principale) anziché restituire a se stessa e a ogni vita senso e compimento, contribuisce a dare quella sensazione di incompiutezza, non solo alla propria esistenza ma anche a quelle di tutti gli altri personaggi. Nello sfondo, la eco della scrittrice americana Sylvia Plath, morta suicida.
Frammenti di relazioni e di amicizie che non riescono a dare a se stessi e agli altri un senso profondo a ciò che stanno vivendo. Personaggi naufraghi “Noi siamo naufraghi mia cara , naufraghi dei cieli. Fuori posto in qualsiasi luogo ci troviamo”, immersi nella grande quête dell’amore: dove solo la solitudine sembra regnare sovrana. Ogni personaggio sfugge all’altro: si sta insieme per colmare dei vuoti. Pochi progetti e tanti sogni. Un mondo di letterati trentenni alla ricerca di un qualcosa che loro stessi non sanno definire. Un oggetto del desiderio sfuocato. Forse l’eterna quête dell’amore. Tradimenti, solitudini, amori non corrisposti: difficile riconoscersi, impossibile camminare insieme se non per un tratto, per un frammento di spazio e di tempo.
Più ci si inoltra nella lettura e più i personaggi sembrano perdere i tratti che li avevano caratterizzati. Sfugge Caterina a se stessa ma sfuggono anche gli altri volti agli occhi attenti del lettore. Come i passanti delle strade, delle vie, dei locali. Passano e noi ascoltiamo le eco dei loro passi e delle loro vite, come i “sognatori di agosto” e i fantasmi che ancora vengono a visitare i luoghi cha hanno attraversato in vita: “Chi erano i fantasmi che vivono nell’ombra dei miei cortili? - si interroga la città nel mese di agosto - Forse quelli che hanno lasciato cose incompiute, saranno in molti a ritrovarsi su queste stesse strade in un tempo che chiamiamo futuro”.
La voce narrante della città si fa cinepresa che inquadra vie, registra rumori, passi che vanno e vengono come in un labirinto:“io sono un immenso labirinto a forma di spirale dove si finisce sempre per calpestare di nuovo i propri passi”, scandisce la voce della città nel mese di maggio. La voce di Milano sembra tramutarsi in una telecamera nascosta che filma e restituisce voce ai suoi interni e esterni. A volte l’inquadratura sosta davanti ad un palazzo, poi ecco una carrellata dei suoi inquilini e un fermo immagine degli stessi. Ancora si sofferma in una via, attraversa strade; altre volte ci porta, negli interni, oppure inquadra volti di passanti: immigrati, giovani madri, anziani o “sognatori di agosto”.
Lungo i mesi si frantumano eco: una via introdotta in un capitolo, viene ripresa in quello successivo: come quando nel mese di maggio, Caterina e il suo amico Kevin si fanno catturare da voci squillanti femminili che gridano divertite su una terrazza. Voci fuori campo che si materializzano in un fermo immagine di nomi che abitano il palazzo di via Morigi. Palazzo che diviene il vero protagonista del capitolo con tutti i suoi personaggi: il vecchio marinaio che ha una magnifica terrazza all’ultimo piano, l’analista junghiano, il pittore, la cantante lirica, l’architetto, la sartoria teatrale, la vecchia portinaia e Caterina, personaggio catalizzatore. Nucleo centrale dal quale si irradiano tutte le storie degli altri protagonisti (minori e maggiori), i quali sembrano rincorrersi e ruotarle intorno, oltre che a calpestare le strade di Milano, in un viavai incessante.
La voce-telecamera della città ci fa sostare in molte case. La grande casa di Carlo, sessantenne sindacalista bancario, comprata per poco e che anziché mutarsi nella realizzazione di una vita al mare dopo la pensione, si tramuta in una tomba che ospita una vita senza amore, dove ciò che conta è la deferenza, l’ammirazione e il potere. O la trattoria Il Teatro dell’Officina con i ritratti di Marx, Lenin, Che Guevara e Bakunin appesi alle pareti, dove si ritrovano a mangiare Caterina e il suo amico “poeta catastale” Luca. O il grande loft al primo piano dell’architetto Giorgio M, in una ditta dismessa di trasporti, posta in una via male illuminata, dove – nel mese della ripresa: settembre - ognuno ha occasione di rivedere o incontrare qualcuno. Oppure “ l’incompiuta” – che dà il titolo al racconto di marzo - la grande casa che accoglie la redazione della rivista attorno alla quale ruotano molti giovani letterati e artisti, e dove Sofia, l’ingegnere, che non ha nessuna voglia di tornare al suo cantiere, incontra per la prima volta la rossa Caterina.
Come un filo rosso, ella percorre tutti i mesi, dapprima sullo sfondo fino ad entrare prepotentemente in scena a primavera per essere portata via con la morte nel racconto d’inverno, a dicembre.
Ma chi è Caterina? Una giovane donna che lavora come editor in una grande casa editrice. Appassionata di poesia e di letteratura ma che ora vuole leggere solo poesia, il resto sembra non interessarle più. Collabora con una rivista letteraria. Ha avuto diverse storie: una durata otto anni e poi tante altre, fluttuanti. E’ l’oggetto del desiderio di tanti: uomini e donne. Tutti i personaggi che incontriamo si innamorano di lei o ne sono attratti. Dodici mesi, dodici nomi (anche se i personaggi del romanzo sono molti di più, come del resto i mesi). Dodici fotografie, introdotte dall’immagine di copertina, scelta dall’editore, dove vediamo l’autrice con la sua macchina fotografica appesa al collo. Ella ci restituisce a gennaio una fotografia di Carlo, il sessantenne bancario sindacalista mandato in prepensionamento dalla banca a sua insaputa che ogni mattina contempla la donna dai capelli rossi mentre sorseggia il caffè al bar prima di recarsi al lavoro. A febbraio una fotografia di Luca, il poeta catastale innamorato perso di Caterina con cui lei pasteggia al Teatro dell’Officina: due letterati amanti della poesia, la quale più che unirli sembra invece separarli. A marzo una foto di Sofia, l’ingegnere che la vorrebbe coinvolgere nella partecipazione ad un concorso letterario; Sofia una donna “incompiuta” che non sa decidersi, che non sa cosa fare della propria vita. Ad aprile una fotografia di Nino, il collega alcolista appassionato di mappe antiche con cui Caterina va alla ricerca, nei quartieri di Milano, del fiume che non c’è. A maggio uno scatto della coppia omosessuale Kevin e Fulvio che fa perno su Caterina e che le chiede di essere, tra le loro vite, a volte ponte, a volte ostacolo. A giugno una foto di Roberto S, il giovane bancario impazzito, convinto di vedere Dio nella pancia azzurra di un ragno; egli contempla il corpo nudo di Caterina dalla finestra del palazzo di via Morigi, dove entrambi vivono. A luglio l’autrice ci restituisce un fermo immagine dell’amico pittore, anch’egli bancario, che non smette di fare ritratti a Caterina, dipinti che lei regolarmente si porta via. Ad agosto viene ripresa Lea, l’amica di vecchia data di Francesco, con la quale la giovane rossa ha una vicinanza ambigua; nello stesso mese viene fotografato anche l’uomo del supermercato che approccia l’indifferente Caterina leggendole le poesie di Hernandez. A settembre, ecco un’inquadratura di Umberto, l’amico letterato che diviene suo amante per una notte, dopo la festa di settembre: “due sconosciuti che annega[va]no l’uno nell’altra le solitudini inquiete nelle quali viv[ono]”. A ottobre un’immagine sullo sfondo del marito di Silvia (che tradisce il marito con Francesco che è invece perdutamente innamorato di Caterina), uomo che subisce lo charme di questa donna dai capelli rossi. A novembre un primo piano di Francesco il sassofonista, il vecchio amico di Lea, che perde la testa per la donna dai capelli rossi; e infine dicembre, scatto al buio: quando la morte farà spegnere le luci sulla vita di Caterina. Eppure tutto riprenderà e gli amici: Sofia, Fulvio, Luca, Carlo, Giulio Francesco proseguiranno ciascuno la loro vita.
Sullo sfondo sempre la letteratura con le poesie di Salinas, Eliot, Hernandez, Sylvia Plath; e la pittura Picasso, Van Gogh, Chagall; ma anche la musica con il blues, il jazz, Officium.
Innumerevoli fotografie dove i personaggi restano sullo sfondo o sembrano, al contrario, volersi fare dei veri e propri autoscatti. Anche la cinepresa cambia punto di vista: alcune volte il racconto è in prima persona, il lettore segue la voce del personaggio, altre volte la cinepresa vuole essere più distante per raccontare, senza essere troppo coinvolta. Accade lo stesso per la voce della città cui capita di parlare in prima persona o di lasciarsi raccontare da qualche passante.
Le stesse storie sono incompiute, ne leggiamo solo dei frammenti. Coma la “storia d’amore” tra Caterina e Luca. Entrambi vivono in questa incertezza di naufraghi. Lui perennemente rifiutato, vive nell’attesa. Lei, alla perenne ricerca dell’amore incapace di accogliere un presente. Due giovani che sebbene simili in tutto e in tanto, non riescono ad incontrarsi in un quotidiano che vuole progettarsi un futuro. Solo il fluire dei giorni. Senza impegni, sempre nell’attesa che accada qualcosa. La letteratura nello sfondo che li conferma in questa incertezza. La poesia diventa ciò che li unisce ma non ciò che li fa stare insieme. Due perenni single, innamorati della letteratura. O l’amore omosessuale tra Kevin e Fulvio o l’attrazione adolescente che Lea prova per la compagna Viola. Oppure la storia di Francesco, il sassofonista che insegue tutti gli anni se stesso in Grecia senza mai trovarsi, gran seduttore solo delle donne che gli sfuggono, ora innamorato di Caterina. Una generazione già contaminata dall’incertezza ma che ancora vive anni di benessere. Ogni personaggio è a modo suo un artista, o vorrebbe esserlo. Un mondo di giovani letterati con tanti problemi ma dove tuttavia ancora non si avverte l’ansia per la sopravvivenza economica ma piuttosto quella della sopravvivenza o realizzazione artistica. La fotografia di questa generazione scorre nelle pagine del romanzo ed è Francesco, ricordando ciò che un giorno gli disse Caterina, a donarci una chiara e sincera fotografia: “Vedi Francesco, in vite come le nostre, senza problemi di lavoro e di sopravvivenza, gli unici drammi che possiamo inscenare sono quelli amorosi. Ma non basta essere grandi attori, bisogna trovare amanti che siano all’altezza del ruolo. Cercare tra i molti l’unico nel quale potersi specchiare.”
Appunti presi da Maddalena Cavalleri, a seguito della lettura del libro di Elena Petrassi, Frammenti del tredicesimo mese.