martedì 19 ottobre 2010

DUE di IRENE NEMIROVSKY



In questi ultimi cinque anni, la casa editrice Adelphi ha iniziato a pubblicare tutte le opere di Irène Némirovsky (1903-1942), prima scrittrice ad aver vinto nel 2004, in Francia, il premio Renaudot con il romanzo Suite francese, pubblicato postumo, a più di cinquant’anni dalla morte dell’autrice: un’eccezione nel panorama dei premi letterari francesi destinati, di norma, agli scrittori viventi. Scrittrice di grande talento, di origine russa ma di lingua francese, negli anni Venti inizia a pubblicare diversi romanzi che le aprono le porte dei salotti letterari parigini. Nonostante la fama e le numerose raccomandazioni richieste da lei e dal marito Michel Epstein, negli ambienti letterari e politici, la Némirovsky verrà deportata ad Auschwitz. Epstein, anch’egli ebreo, riuscirà a lasciare alle due figlie una grande valigia contenente diversi manoscritti della loro madre.
Ultimo, in ordine di apparizione in Italia, il romanzo Due (Adelphi, Milano 2010), dove scorrono incandescenti dodici anni di vita di una giovane coppia appartenente all’alta borghesia: Antoine Carmontel e Marianne Segré. Con mente veloce, acuta e lucida, la Némirovsky narra gli anni della loro giovinezza folle e smisurata in contrasto con gli anni della maturità, quando sorgono i primi rimpianti su ciò che non è stato ma che avrebbe potuto essere e i primi ricordi di un tempo che non potrà più tornare. Antoine e Marianne, due giovani ventenni con tanta voglia divertirsi e con il desiderio di lasciarsi alle spalle gli orrori della guerra; figli di genitori che se ne vanno di festa in festa, alla ricerca del piacere, della bellezza, e della felicità dei vent’anni svaniti per sempre.
La Némirovsky ci restituisce una superba descrizione degli “années folles”: ne viviamo l’atmosfera, ne ammiriamo gli abiti e ci lasciamo sedurre dalle feste e dai balli che una società di giovani rampolli si può comunque permettere: “Uscivano da una casa calda e scintillante di luci; fuori pioveva, spuntava appena l’alba. La strada era triste, buia, sordida. Brandelli di un vecchio manifesto strappato volavano nel vento del mattino: «Loro hanno dato la vita. Voi date il vostro oro.» Tutto questo era vecchio, dimenticato”. Ma nonostante le luci e le atmosfere danzanti, ci sentiamo addosso la freddezza che dimora nelle famiglie dell’alta società, tutte tese a mantenere la propria posizione sociale. Dove l’amore diviene sinonimo di potere, egoismo e seduzione. Dove le dinamiche tra le coppie si nutrono della fragilità, delle paure e dei vuoti affettivi, ma anche della volontà di lasciarsi vivere e di vivere fino in fondo ogni forma di piacere, lasciandosi guidare dall’impulso e dal gioco della seduzione, il solo capace di rendere vivi e giovani i protagonisti. Due: un matrimonio dove l’altro è percepito fino a una certa soglia. Dove tra i coniugi vige il patto di non scalfire le rispettive barriere per fare in modo di tenere salda la nave. Dove il non detto è più forte del detto. Guai a violarlo: si potrebbero infrangere gli argini. Meglio che tutto resti come è. Eppure tutti i personaggi sono vivi: volti umani nella loro debolezza e incapacità di amare “bene”. “La donna che ho amato di più non è questa, – pensa Antoine vicino a Marianne morente – ma, in punto di morte rimpiangerò ciò che mi unisce a lei più di quanto non abbia rimpianto la passione. La passione sembra un dono di Dio, «troppo bello per essere vero». Si sente che Lui ce la concede solo per un certo tempo; una cosa così, invece, è tutta nostra… conquistata a fatica, accumulata lentamente, distillata come un miele. E un giorno ci toccherà abbandonarla, abbandonare anche questo. Che peccato…”
Un libro contro il matrimonio? Non direi, si tratta, per lo più, di un’invettiva contro il matrimonio-sistemazione, contro la società dell’alta finanza che poco concede ai sentimenti, dove tutto è potere - dei soldi e della seduzione. La Némirovsky non è contro il matrimonio: basta leggere la storia di altri due coniugi che vivono nell’amore e nella fedeltà reciproci, per cogliere la complessità della sua analisi e, quindi, la grandezza di questa scrittrice. Per cogliere il suo pensiero a trecentosessanta gradi, dovremmo sfogliare un altro romanzo che sembra fare da controcanto a Due, si tratta de I doni della vita (Adelphi 2009), dove sentiamo ancora vibrare i giorni che precedono il suo arresto e quello del marito, Michel Epstein: entrambi ebrei convertitisi al cattolicesimo, pur di avere salva la vita.