domenica 8 settembre 2013

ISTANTANEE di Christian Bobin


Venerdì 6 settembre
Non cerco la pace ma la gioia, e credo che per trovarla convenga cercare ovunque, senza metodicità, e preferibilmente nell'ambito della vita ordinaria, minuscola. 
(Christian Bobin, Autoritratto, Anima Mundi Edizioni)


martedì 13 agosto
Sotto c'è l'abisso. Per non scivolarci dentro mi aggrappo a un filo d'erba. Da quarantacinque anni mi ci aggrappo, ed esso tiene, miracolosamente tiene.
(
Christian Bobin, Autoritratto al radiatore, AnimaMundi Edizioni)


Mi accingo a vedere la natura solo in modo intermittente, perché ciò è troppo bello. E' come se restassi troppo a lungo davanti a un baule pieno di monete d'oro e di gioielli: diventerei cieco. 
(
Christian Bobin, La luce del mondo, Gribaudi)

giovedì 5 settembre 2013

CHRISTIAN BOBIN ( libri pubblicati al 2014)


(postato nel 2006, aggiornato a settembre 2013 per bibliografia) riaggiornata al 19 aprile 2014

Da dove nasce il mio amore per i libri di Christian Bobin? Il primo libro Autoritratto, me lo regalò Lorenzo (oggi mio marito) quando eravamo ancora amici. Mi scrisse queste parole come dedica, era il 20’agosto del 1999, così mi scriveva:
“Ciò che trovo è mille volte più bello di ciò che cerco” (Autoritratto pag. 72)
Per chi non cerca nulla, lo stupore è continuo e la gioia non ha limiti: ogni gioia. Grazie!
p.s. Solo la gioia tra noi: questo è il nostro patto, questa è la realtà. Tu stupendamente mi accogli, sempre. Non cambiare nei miei confronti, non avere paura: fidati di me. Lorenzo
In questo libro Bobin raccontava il suo dolore per la perdita delle carissima amica Ghislaine, Lorenzo vi aveva trovato parole calde, vere e colme di dolore, nelle quali riconoscersi. Io non stavo vivendo nessuna perdita di persona amata ma quel libro mi donò tanto: un livre de chevet che non smette di donare parole buone, perché autentiche.
Ho da poco finito l’ultimo libro Une bibliothèque de nuages uscito nel settembre 2006 presso la bellissima casa editrice Lettres vives (stampa dei librini davvero magnifici) e non ancora disponibile nel mercato italiano. Sono trascorsi più di dieci anni dalla morte di Ghislaine. Bobin ha perduto diverse persone care (i genitori, l’amico scrittore e poeta Jean Grosjean e tanti altri), eppure in queste pagina c’è un amore per la vita smisurato e una riconciliazione profonda con la morte, che ha sfiorato anche lui stesso: quando aveva ancora vent’anni e nel marzo 2006.
La morte è accanto alla vita quotidiana come una candela a un cumulo di paglia. Questa vicinanza terribile rende la vita meravigliosa. (Une bibliothèque de nuages, p.30)
Ogni giorno potrebbe essere l’ultimo: nessuno dunque è insignificante. (Une bibliothèque de nuages, p.31)
Per questa ragione, ma per mille altre, mi piace riportare sul blog la sua bibliografia (spero completa,o quasi)
Eccola (aggiornata all'8 settembre 2013)
riaggiornata al 19 aprile 2014

BIBLIOGRAFIA delle opere di Christian Bobin (ordine cronologico, l’asterisco indica le opere che sono state pubblicate in Italia o che sono in corso di pubblicazione)

Lettre pourpre (Ed. Brandes, 1977)
Le feu des chambres (Ed. Brandes, 1978)
Le baiser de marbre noir (Ed. Brandes 1984)
*Souveraineté du vide (Ed. Fata Morgana, 1985 ; Gallimard/Folio 1995) (in uscita AnimaMundi Edizioni)
*L'homme du désastre (Ed.
Fata Morgana, 1986) (in uscita AnimaMundi Edizioni)
*Le huitième jour de la semaine (Ed. Lettres Vives, 1986)
Dame, roi, valet (Ed. Brandes, 1987)
Lettres d'or (Ed. Fata Morgana 1987)
L'enchantement simple (poésie, Ed. Lettres Vives, 1989; Gallimard, 2001)
*La part manquante (Gallimard, 1989 ; Gallimard/folio 1994)
Le colporteur (Ed. Fata Morgana 1990)
*Éloge du rien (Ed. Fata Morgana, 1990)
*La vie passante (Ed.
Fata Morgana,1990) (in uscita AnimaMundi Edizioni)
*La femme à venir (Gallimard, 1990 ; Gallimard/Folio 1999)
*L'autre visage (Ed. Lettres Vives, 1991)
La merveille et l'obscur ( Ed. paroles d'Aube, 1991)
*Une petite robe de fête (Gallimard, 1991 ; Gallimard/folio 1993)
*Le Très bas (Gallimard, 1992 ; Gallimard/folio 1995)
Un livre inutile (Ed. Fata Morgana,1992)
Isabelle Bruges ( Le Temps qu'il fait, 1992 ; Gallimard/folio, 1999)
*L'éloignement du monde (Ed. Lettres Vives, 1993)
L'inespérée (Gallimard, 1994 ; Gallimard/folio, 1996)
*L'épuisement (Le Temps qu'il fait, 1994)
Quelques jours avec elles ( Le Temps qu'il fait, 1994)
Une rose des vents : une conversation avec Christian Bobin de Yvon Le Men (Parole d'Aube settembre 1994)
*La folle allure (Gallimard, 1995 ; Gallimard/folio, 1997) (Anima Mundi Edizioni - Edizioni Socrates)
Bon à rien, comme sa mère (hors-commerce, Ed. lettres Vives, 1995)
*L'homme qui marche (Le Temps qu'il fait, 1995)
Clémence Grenouille (Le Temps qu'il fait, 1996)
Une conférence d'Hélène Cassicadou (Le Temps qu'il fait, 1996)
Gaël Premier, roi d'Abimmmmmme et de Mornelongue (Le Temps qu'il fait, 1996)
Le jour où Franklin mangea le soleil (Le Temps qu'il fait, 1996)
L'attention thématique n°2 : le grâce de la solitude, Les Amis du Fennec, 1996.
Donne-moi quelque chose qui ne meure pas, Gallimard, 1996 (avec É. Boubat).
*Mozart et la pluie, Lettres Vives, 1997 (AnimaMundi Edizioni 2014)
*La plus que vive (Gallimard, 1996 ; Gallimard/folio, 1999)
*Autoportrait au radiateur (Gallimard, 1997 ; Gallimard/folio, 2000)
*L'équilibriste (Le Temps qu'il fait, 1998)
*La présence pure (Le Temps qu'il fait, 1998)
*Geai (Gallimard, 1998 ; Gallimard/folio, 2000)
Coeur de neige, (Théodore Balmoral 2000)
*Tout le monde est occupé (Mercure de France, 1999 ; Gallimard/folio, 2001)
*Ressusciter (Gallimard, 2001 ; Gallimard/folio, 2003)
*La lumière du monde (Gallimard, 200 ; Gallimard/folio, 2003)
*Le Christ aux coquelicots (Lettres Vives, 2002) (reperibile in internet)
*Louise Amour (Gallimard, 2004)
Prisonnier au berceau (Mercure de France, 2005)
*Une bibliothèque de nuages (Lettres vives, 28 septembre 2006)
La Dame blanche (Gallimard 2007)
Les Ruines du ciel (Gallimard 2009)
Un assassin blanc comme la neige (Gallimard 2011)
*Carnet du soleil (Lettres vives 2011)
L'Homme-joie (L'Iconoclaste 2012)
La Grande vie (Gallimard 2014)

OPERE PUBBLICATE IN ITALIA
Francesco e l’infinitamente piccolo (San Paolo, 1994)
La donna che sarà (Archinto 1995)
L’uomo che cammina (Qiqajon 1998)
Più viva che mai (San Paolo 1998)
Autoritratto (San Paolo 1999) - Nuova edizione di Anima Mundi Edizioni 2013
Geai (San Paolo, 2000)
Presenze (Perosini, 2000)
Elogio del nulla (Servitium 2002)
Resuscitare (Gribuadi 2003)
Distacco dal mondo (Servitium 2005)
L’equilibrista (Servitium 2005)
Consumazione. Un temporale (Servitium in collaborazione con Città aperta 2006) La parte mancante (Servitium, 2007)
La parte mancante (Servitium 2007)
L'amore è proprio una piccola cosa... con delle conseguenze meravigliose (Gribaudi 2007)
L'ottavo giorno della settimana (Servitium 2008)
Mille candele danzanti (Camelopardus 2008)
L'altra faccia (Servitium 2010)
Una biblioteca di nuvole (Camelozampa 2012)
Folli i miei passi (Edizioni Socates - Anima Mundi Edizioni, 2013)
Cristo come i papaveri (2013)
Louise Amour (Camelozampa 2014)
Mozart e la pioggia (Anima Mundi Edizioni 2014)
Un sole che sorge (Edizioni Gruppo  Aeper 2014)
La sovranità del vuoto (Anima Mundi Edizioni 2015)



giovedì 4 luglio 2013

SCRIVERE CON TANTO SPAZIO INTORNO

Leggendo il diario della Hillesum nell'edizione integrale trovo dei pensieri che descrivono in un modo che solo la Hilesum sa fare, la scrittura di Christian Bobin. Vorrei fotografare una pagina di autoritratto e di Les ruines du ciel o di un Bibliothèque de nuages e di altri ancora, ma i libri li ho lasciati a casa a Verona. Fotografo invece la pagina della Hillesum senza ricopiarla per intero. È una 'recensione ' perfetta di Bobin. ( 5 giugno 1942)
Foto del libro Une bibliothèque de nuages di Christian Bobin


Foto del libro di Etty Hillesu, Diari



Riprendo dal blog di Elena Petrassi (http://elenapetrassi.blogspot.it/2012/04/e-cosi-che-voglio-scrivere-con.html) le parole di Etty Hillesum:

E' così che voglio scrivere: con altrettanto spazio intorno a poche parole

"Oggi pomeriggio ho guardato alcune stampe giapponesi con Glassner*. Mi sono resa conto che è così che voglio scrivere: con altrettanto spazio intorno a poche parole. Troppe parole mi danno fastidio. Vorrei scrivere parole che siano organicamente inserite in un gran silenzio, e non parole che esistono soltanto per coprirlo e disperderlo: dovrebbero accentuarlo, piuttosto. Come in quell'illustrazione con il ramo fiorito nell'angolo in basso: poche, tenere pennellate - ma che resa dei minimi dettagli- e il grande spazio tutto intorno, non un vuoto ma uno spazio che si potrebbe piuttosto definire ricco d'anima. Io detesto gli accumuli di parole. In fondo, ce ne vogliono così poche per quelle quattro cose che veramente contano nella vita. Se mai scriverò - e chissà poi che cosa?-, mi piacerebbe dipingere poche parole su uno sfondo muto. E sarà più difficile rappresentare e dare un'anima a quella quiete e a quel silenzio che trovare le parole stesse, e la cosa più importante sarà stabilire il giusto rapporto tra le parole e il silenzio - il silenzio in cui succedono più cose che in tutte le parole affastellate insieme. E in ogni novella, o altro che sia, lo sfondo muto dovrà avere un suo colore e un suo contenuto, come capita appunto in quelle stampe giapponesi. Non sarà un silenzio vago e inafferrabile, ma avrà i suoi contorni i suoi angoli la sua forma: e dunque le parole dovranno servire soltanto a dare al silenzio la sua forma e i suoi contorni, e ciascuna di loro sarà come una piccola pietra miliare, o come un piccolo rilievo, lungo strade piane e senza fine o ai margini di vaste pianure. E' buffo: potrei riempire dei volumi su come vorrei scrivere, ma può darsi benissimo che a parte le ricette non scriverò mai nulla. Però le stampe giapponesi mi hanno fatto capire a che cosa io aspiri, e mi piacerebbe camminare una volta attraverso paesaggi giapponesi, per capirlo ancor meglio. Del resto credo che un viaggio in oriente lo farò, in futuro - per trovare in quei luoghi, vissute ogni giorno, quelle cose in cui qui ci si sente soli, in dissonanza."

5 Giugno 1942

da Diario 1941-1943, Etty Hillesum, Adelphi

*Evariste Edgar Glassner era un musicista e organista tedesco. Avendo perso il proprio impiego come organista di chiesa a Berlino, (era un mezzo ebreo, secondo la classificazione nazista) era emigrato ad Amsterdam: qui conobbe Julius Spier, partecipando ai concerti organizzati dagli ebrei dopo la loro esclusione dalle sale pubbliche


lunedì 13 maggio 2013

CHRISTIAN BOBIN, LA LETTURA E LA SCRITTURA - suoi brani tratti da Folli i miei passi, Sovranità del vuoto, Luce del mondo



I primi libri di Christian Bobin sono letteralmente “invasi” dal tema della lettura e della scrittura.  Gli stessi titoli Souveraineté du vide (Sovranità del vuoto, Fata Morgana 1985), Lettres d’or  (Fata Morgana 1987), Un livre inutile (Fata Morgana 1992) evocano la preziosità del vuoto e la mancanza di pretese che uno scrittore deve avere quando si accinge a scrivere.
Sviluppa e approfondisce questi temi, un libro intervista (La luce del mondo, Gribaudi 2006) in cui la poetessa e scrittrice Lydie Dattas conversa con Bobin sui tanti temi a lui cari, tra i quali non potevano mancare: il valore e la funzione della scrittura e della lettura. 

                               
                                                                                  (Luce del Mondo, Gribaudi p. 37)

In una recentissima intervista, alla domanda quale sia la funzione di un libro, Bobin risponde:
Un vero libro ascolta il lettore. La mia esperienza di lettore sa che in rari momenti da un libro esce qualcosa che viene a sederci accanto a noi e si mette ad ascoltarci. Le parole sono scritte e tessute in modo tale che noi ci sentiamo ascoltati. Quando la cosa vera ci viene detta, non abbiamo bisogno di un esperto per autenticarla. Il nostro cuore e la nostra esperienza la riconoscono, risuonano con lei.”
E ancora: “Un libro è un veggente o non è nulla. Il suo lavoro è di accendere la luce nei palazzi dei nostri cervelli deserti”. Non a caso le parole che ritornano nelle pagine dei suoi primi libri sono: leggere, scrivere, amare, pagina bianca, inchiostro, solitudine, mancanza, attesa, dono gratuità.

Traggo alcuni passaggi dal libro Souveraineté du vide, (pubblicato nel 1985 dalla piccola casa editrice Fata Morgana, quando Bobin aveva 34 anni; oggi ne ha 62).
Tra i libri e le lettere si trova sempre anche l'infanzia.

I libri. Sono sul mio tavolo. Li ho aperti, a caso. Li ho sfogliati. E’ giunta una quiete: non sapevo di averne bisogno. Una felicità di leggere, anteriore all’atto stesso di leggere. Una luce carpita da questo primo sguardo, distratto, rapido. Una luce che anticipa la luce racchiusa in queste pagine. Poi ho richiuso i libri. Più tardi. La lettura sarebbe giunta più tardi, molto più tardi. La notte era più adatta per leggere, la notte è più adatta, quest’uguaglianza finalmente stabilita tra l’oscurità dentro e l’oscurità fuori. Sono uscito. Sono andato a passeggiare, ho visto persone. Mi è venuta l’idea di scrivervi una lettera, questa lettera, l’idea di una lettera infinita, senza nesso. Interrotta, spesso, come è interrotta la lettura: come viene revocato lo stato del lettore, lo stato di assenza, dal rumore di una porta che si chiude, dall’irrompere improvviso dell’alba, dal disastro del sonno.
[…]
Il bambino, il lettore, preso nell’apprendistato insonne della vita in società, tenuto in questa stupidità generale dall’obbligo di parlare, sempre, di rispondere presente, sempre, perché ci sono domande, perché ci sono richiami, sempre, che non smettono di ferire il silenzio che dorme dentro di lui, il bel silenzio, il silenzio sonnambulo. Che gioia per lui distrarsi, aprire un libro, lasciare andare le sollecitazioni, le compagnie, i legami approssimativi. Purificarsi. Entrare nella lettura. Entrare nella rêverie. Purificarsi.

Leggere, non per sapere, non per imparare, non per accumulare, per ammassare, per acquisire. No, nulla di tutto ciò. Leggere piuttosto per dimenticare, per liberarsi, per perdere, per perdersi. Tornare solo, infinitamente solo. (Souveraineté du vide, Fata Morgana 1985)

Sovranità del vuoto: un vuoto di sé che aiuta a riempire non solo la scrittura, ma soprattutto la vita stessa.

Anche Lucie, protagonista di Folli i miei passi, giungerà alla scrittura per poter approdare alla sua vera vita e poi si vedrà : è la regola che si è data.  Ma prima di approdare alla scrittura, la giovane  non può non passare dalla lettura: i due momenti sono profondamente interconnessi. 
Dopo le varie fughe e peripezie, Lucie torna finalmente a casa dai genitori. Lì si chiude in camera sua, dove inizia a divorare i libri e a nutrirsi di quella letteratura che la aiuta a chiarirsi, a trovare ciò che le serve per vivere. Qui Lucie è Bobin. E Bobin è Lucie.

Molti sono infatti i passaggi del libro di Folli i miei passi che possono essere letti come “autobiografici”.
Ne riporto solo due (poi ne aggiungerò altri, nei prossimi post)

Lucie si trova nell’albergo del Jura dove è andata per scrivere il suo libro. Vorrebbe uscire ma….

Sono peggio di mia madre. Frutta, pile, giornali e regali – tra due giorni ci sarà il compleanno dei gemelli: avevo dei motivi per uscire dall’albergo e il vestito si abbinava con quei motivi. Ho accennato dei passi sulla moquette rossa del corridoio e sono rientrata di corsa nella mia stanza, ho chiuso la porta a chiave, mi sono distesa sul letto da dove non mi sono mossa per due giornate intere. Lo chiamo: un morire, qualche volta mi assale. Vedere, parlare, nulla, niente esiste più. Non sono tanti due giorni. Avrei veramente potuto trascorrere l’intero mio soggiorno in albergo così. La scrittura ha di sicuro posto un limite a questo intorpidire, l’ha tenuto in una dimensione ragionevole. (Folli i miei passi, p. 85)
  
Lucie è rientrata a casa dai genitori  e si è chiusa in camera sua a leggere.

Divoro i libri che ho scelto per la loro dimensione – non meno di sette o ottocento pagine. Il tempo trascorso a leggere non è proprio del tempo. Passando da una pagina all’altra, supero frontiere, entro in case addormentate: è la fuggitiva che è in me a leggere e nessun poliziotto può ritrovarla prima che lei abbia raggiunto l’ultima frase e levato il capo su di un cielo azzurro all’inizio del primo capitolo e ora divenuto buio. Ho ventisette anni ma i lettori non hanno età. Davanti al libro aperto c’è solo un’infanzia lasciata ai suoi giochi sulla strada, anche dopo le dieci di sera.

Trascorro tre giorni e tre notti con Anna. Anna Karenina, 909 pagine. Lei e il giovane Vrònskij al loro primo incontro ballano sotto gli occhi di Kitty, innamorata di Vrònskij, e io li guardo tutti e tre: i due amanti nell’inconsapevolezza del loro desiderio e colei che viene distrutta da quella visione. Attraverso la finestra scostata del palazzo Nikítiny, mescolata ai suoni dell’orchestra, la voce di mia madre che mi chiede cosa voglio per cena, insalata di carote o indivia gratinata al forno. Potrei trascorrere così la mia vita: in quella camera dentro acque dove il sogno e il reale sono uniti. Mi piacciono così tanto le ombre nei libri. Nessuno può sciogliermi dal loro abbraccio.” (Folli i miei passi pp 87-88).









venerdì 3 maggio 2013

LA LEGGEREZZA PER CHRISTIAN BOBIN - FOLLI I MIEI PASSI




Non scrivo con l’inchiostro. Scrivo con la mia leggerezza. Non so se riesco a farmi capire: l’inchiostro, lo compro; ma non esiste un negozio per la leggerezza. Viene, oppure no: dipende. Quando non viene, è già presente. Mi capite? È ovunque, la leggerezza: nella freschezza insolente delle piogge estive, sulle ali di un libro abbandonato ai piedi del letto, nel suono delle campane del monastero all’ora delle funzioni, un clamore infantile e palpitante, in un nome mille e mille volte sussurrato come quando si mastica un filo d’erba, nella fata che è la luce alle svolte delle strade serpeggianti del Jura, nella povertà esitante delle sonate di Schubert, nel rito di chiudere lentamente le imposte sul far della sera, nel tocco sottile di blu, blu pallido, quasi viola, sulle palpebre di un neonato, nella dolcezza di aprire una lettera attesa, prolungando di un secondo l’istante di leggerla, nel rumore delle castagne che si schiantano al suolo e nella goffaggine di un cane che scivola su di uno stagno ghiacciato: mi fermo qui, la leggerezza, lo vedete, è donata ovunque. Se allo stesso tempo è rara, di una rarità incredibile, è perché ci manca l’arte di ricevere, semplicemente ricevere ciò che ci è donato ovunque. (Folli i miei passi, Christian Bobin).

FOLLI I MIEI PASSI - CHRISTIAN BOBIN



Folli i miei passi ci restituisce il Christian Bobin più narrativo: quello dei romanzi brevi come Geai (San Paolo edizioni 2000), L’amore è proprio una piccola cosa (Gribaudi 2007), Isabelle Bruges (Le temps qu’il fait 1992, non ancora edito in Italia), La donna che sarà (Archinto 1995, oggi introvabile) o dei brevi racconti come Mille candele danzanti (Camelozampa 2008). La maggior parte degli altri libri pubblicati in Italia seguono, invece, una prosa poetica più meditativa, meno romanzata, fatta di frammenti. Ma ciò che accomuna tutti i suoi scritti è il timbro della voce: misurato, fermo e fortemente evocativo. In ogni libro, la sua voce cerca il respiro nella brevità delle frasi, dei periodi o dei brevi capitoli, spesso inframmezzati da pause, visualizzate dagli spazi bianchi della pagina. Quasi la sua voce avesse bisogno di silenzio, di fermarsi, di far risuonare le parole che, se “non vere”, possono allontanare il silenzio necessario che aiuta il lettore a mettersi in contatto con la propria interiorità. La scrittura di Christian Bobin genera silenzio. Una pausa di ristoro. È lui stesso a sottolineare, in un libro dal titolo fortemente evocativo, Souveraineté du vide (Sovranità del vuoto,  non ancora pubblicato in Italia), il valore profondo del silenzio:“Tacere: progredire in solitudine, lungi dal disegnare una chiusura, apre la sola e durevole e reale via d’accesso agli altri: a questa alterità che è in noi e negli altri, come l’ombra portata da un astro, solare, benevolo”. (Souveraineté du vide, Fata Morgana 1985-Gallimard 1995, pag. 53). Ma innumerevoli sono le frasi che, in Bobin, mettono in luce il valore del silenzio: “Ciò che impariamo dai libri, è la grammatica del silenzio, la lezione di luce”. Un silenzio che vuole suggerire una via per vivere, senza arroganza: “Ho sempre ritenuto che uno scrittore avesse più doveri che diritti, e uno di questi doveri è aiutarci a vivere”. Bobin riesce a farlo con estrema naturalezza e rispetto per chi legge.
La sua scrittura entra a poco a poco nel lettore, offrendogli delle schiarite, delle pause non di una riflessione noiosa ma di una gioia leggera, pulita, fresca. Scrive Bobin: “Perché una cosa sia vera, è necessario che, oltre a essere vera, entri nella nostra vita”. È ciò che fa Lucie, la protagonista di Folli i miei passi , entrando, pagina dopo pagina, non solo nella sua vita per rischiararla, ma anche in quella di noi lettori. Con leggerezza, Lucie riesce a portare dentro di sé, un po’ di luce. Ma ciò che è straordinario, è che porta un po’ di quella luce anche in noi che leggiamo le sue peripezie e le sue fughe. Folli i miei passi  è un libro dall’andatura vivace, picaresca. Lucie è una bambina speciale (ma esistono bambine, bambini che non siano “speciali”?) alla ricerca dell’amore, della vita, o meglio della vita “vera”, della “sua”vita. Sin da piccola sembra avere chiaro (prima per intuito, poi per esperienza) il desiderio di vivere ciò che ha nel cuore, giusto o sbagliato che sia.

Il libro è scritto alla prima persona: una giovane donna, Lucie, si racconta per ritrovare se stessa. Non scrive per diventare una scrittrice ma per ritrovare la propria infanzia e quindi se stessa. Il suo motto è “Dopo, si vedrà”. Dal suo primo amore dei suoi due anni, un lupo dai denti gialli, al suo primo vero amore, Alban, un violoncellista dell’Opera di Parigi. Tra questi due grandi amori, un marito, Roman, figlio di una famiglia cosiddetta bene, alto borghese, molto distante da lei cresciuta invece in un circo.
Racconta delle sue fughe iniziate a soli due anni per andare a cercare il suo lupo, della vita nel circo, dei suoi fratellini gemelli, di suo padre, malato di perfezionismo e di sua madre, malata di un amore folle per i suoi figli.
Dopo una serie di fughe, la giovane approda al cinema per caso, come comparsa. Un giorno deve partire per delle riprese in Canada, ma stanca e disorientata, decide di fare dietro front – è il suo angelo custode a tirarla per la giacchetta - e di andare a trascorrere un periodo in solitudine nel Jura, per raccontare al suo angelo (è lui a chiederglielo!) tutto ciò che le è capitato fino in quel momento.

Ma la vicenda la si potrebbe anche riassumere in altro modo (e mille altri ancora). Storia di una bimba a cui piace inventarsi dei nomi per le sue fughe. La piccola nasce e vive in un circo fino a quando i suoi genitori non vengono licenziati. Un giorno se ne va a Parigi dove incontra un ragazzo della Parigi bene che sposa contro il parere della famiglia di lui, la quale nutre, per il figlioletto, ben altre ambizioni. Il giovane marito lascia la promettente carriera di notaio contro la volontà dei genitori e decide di diventare scrittore. È talmente preso da questa parte, quella dello scrittore appunto, che tutto il resto è funzionale al suo scrivere. La stessa moglie è fonte di ispirazione per interminabili lettere. Nel frattempo, la ragazza si mette al suo servizio: fa lavoretti per aiutarlo a scrivere. Ma un giorno, stanca, lo lascia. Se ne torna a casa dai genitori. Si mette a leggere e a scrivere. Per caso, inizia a fare la comparsa per un film. Segue le diverse troupes fino a quando non decide di lasciare la brillante carriera cinematografica di comparsa per andare a scrivere il suo libro. E poi, “si vedrà”.
Grazie alla scrittura si riapproprierà della sua vita. Lucie infatti si mette a scrivere non per diventare scrittore, ma per “trovare quell’amore che manca ad ogni amore”.

La giovane si racconta in prima persona per trovarsi. Dice di chiamarsi Lucie, ma forse è solo un pretesto per svelarci la sua madrina luce, colei che avrebbe continuato a seguire nelle sue fughe. Fughe da se stessa ma anche da ciò che le impedisce di essere se stessa. “Non si scrive per diventare scrittori ma per amore che manca ad ogni amore”(C.B.). Questo il motivo della scrittura per la protagonista del romanzo ma anche per lo stesso Bobin. Lo scrittore è un mestiere di infanzia. Per lui lo scrivere non è un mestiere, ma se lo si vuole considerare tale, allora c’est un métier d’enfant.
L’infanzia è fondamentale perché è il regno dell’attenzione – come l’intendeva Cristina Campo. “Se ci fosse per me una saggezza, sarebbe l’arte di esserci pienamente, con un’attenzione estrema, costante. E’ per questo che i bambini mi affascinano, per questo dono che hanno di esserci pienamente nel puro presente. Ho una profonda complicità con loro» (C.B.).

La folle allure viene pubblicato nel 1995 da Gallimard, il libro appartiene alla prima produzione di Bobin. Pochi anni dopo moriva la sua giovane amica di C. Bobin, Ghislaine (il lutto è raccontato in Autoritratto e in Più viva che mai).

Da quando ho iniziato a leggere Christian Bobin (1998), molto tempo è trascorso, molti suoi libri sono stati pubblicati. Molte cose sono cambiate nelle vite di ciascuno. So che ha cambiato casa grazie a una pregevole intervista che si può trovare in internet su un suo libro molto bello La présence pure, che racconta la malattia del padre. So che oggi vive con una compagna Lydie Dattas, scrittirice che vorrei presto iniziare a leggere.

martedì 30 aprile 2013

LA FOLLE ALLURE - FOLLI I MIEI PASSI


Edouard Boubat (1923-1999) è il fotografo della copertina dell'edizione francese di Gallimard. 
Boubat ha fatto insieme a Bobin un altro libro fotografico e di poesia Donne-moi quelque chose qui ne meure pas. Un libro meraviglioso! Questo il link per avere più notizie al riguardo di Edouard Boubat, un grande fotografo: http://www.edouard-boubat.fr/
L'équipe fotografica di dcheese di Lecce composta dai fotografi Annachiara Figlia e Simone Di Tonno, ha invece scattato la fotografia della copertina dell'edizione italiana ed è riuscita a restituire "l'innocenza raccontata da Bobin", così nel loro blog. 
Di seguito il link. www.dcheese.it/?p=1572
Sono stati davvero bravi!
Chapeau! 






FOLLI I MIEI PASSI di Christian Bobin


Il nome del mio blog è preso da uno dei libri di Christian Bobin Une bibliothèque de nuages, libro che è stato di recente   tradotto e proposto sul mercato italiano dalla giovane casa editrice Camelozampa (http://www.camelozampa.com/libro/54/Una-biblioteca-di-nuvole). 
Oggi sono felice di annunciare l'arrivo di un altro romanzo di Bobin scritto ancora nel lontano 1995 e pubblicato oggi in Italia da due case editrici che hanno unito le loro forze: Anima Mundi Edizioni e le Edizioni Socrates. 
Folli i miei passi è il titolo  che riprende una poesia di Ungaretti tratta da Il Dolore, Roma Occupata (V sezione). 

Vorrei ringraziare Giuseppe Conoci di Anima Mundi che mi ha offerto la possibilità di contribuire a portare in Italia un autore davvero grande. Tradurre Christian Bobin è stata un'avventura che mi ha arricchito moltissimo. E ringrazio anche le Edizioni Socrates per essersi appassionate a C.B.

Sono ormai molti anni che trascorro del tempo con lui attraverso i suoi libri. La sua voce è cristallina, senza difese e senza veli. L'autore è lì. Parla di sé ma senza intralci di grande Ego. Una scrittura, la sua, al servizio della vita. Per cantare la vita e la bellezza del mondo. Per strappare quel filo di luce che resta dopo il buio o che raramente è possibile intravvedere nell'oscurità. Bobin riesce a farlo senza sdolcinature e false retoriche. Laicamente. In modo pacato. E con tenerezza. 



Da Bobin ho imparato tanto. Come ogni giorno imparo da mio marito, Lorenzo Gobbi, che mi ha sempre spinta a tradurre e a approfondire questo autore che lui stesso mi ha fatto conoscere: il primo libro che mi ha regalato, quando ci siamo incontrati, è stato Autoritratto.  
Ecco di seguito il link alla casa editrice e la copertina. Una scelta davvero felice!

http://www.edizionisocrates.com/Paesi_parole/paesi_parole_folliimieipassi.html