Ognuno
di noi, a seconda dei periodi della vita e delle età, può scegliere di cosa
nutrirsi. Esistono livres de chevet
che accompagnano, soprattutto in alcuni momenti della vita. “Un vero scrittore
è qualcuno che viene a casa mia e che scosta dal mio tavolo le cose che mi
impedivano di vedere” – è una delle tante definizioni di scrittore che troviamo
nella sterminata produzione di Christian Bobin, scrittore francese
contemporaneo, ancora poco conosciuto in Italia dove, però, ha un pubblico di
fedelissimi. Solo una minima parte della sua cospicua produzione letteraria è stata,
a tutt’oggi, tradotta da noi: le Edizioni San Paolo, Qiqajon, Gribaudi,
Servitium ma anche piccoli editori laici come Archinto, Perosini, Camelopardus
hanno cercato di diffondere la sua opera. Ma è la casa editrice Servitium che,
in questi ultimi anni, sta facendo lo sforzo di offrirci, a scadenza quasi annuale,
piccoli sorsi bobiniani. L’ultimo in ordine di apparizione è il libriccino L’altra faccia (Servitium 2010): una
breve meditazione poetica o forse una sorta di racconto filosofico, piacevole
da leggere e da meditare, nulla di pesante o complicato.
Brevi
frasi, riflessioni, aforismi si intercalano agli spazi bianchi che sono lì a
ricordarci le pause della scrittura e della vita, come quando ci parla dei suoi stati d’animo, tanto comuni e frequenti nella vita di ciascuno di noi: Tristezza e stanchezza: un solo mantello,
con il suo rovescio, con il suo dritto. / Tristezza – la stanchezza che entra
nell’anima. / Stanchezza – la tristezza che entra nella carne.
Chez nous è l’incipit di ogni capitoletto. Chez
nous, che vuol dire “da noi” ovvero nel nostro mondo, accade che… e così l’amore,
la legge, la storia, il tempo, la morte scorrono tra le pagine in brevi massime
illuminanti e provocazioni leggere che ci restituiscono in filigrana, il nostro
mondo - in un contro canto continuo. Come
quando leggiamo: Da voi il tempo si
accumula – e poi appassisce./ Da noi il tempo si perde – e poi fiorisce.
L’altra faccia sembra raccontare, in 43
paginette, la storia di un popolo felice in contrapposizione con l’altra faccia, ovvero l’altro mondo: il
nostro - che ci viene restituito nella sua verità.
La scelta editoriale di
Servitium si è concentrata più sulle opere brevi di Bobin: si tratta di veri e
propri libriccini pieni di scintille di luce i cui titoli ci indicano già la
via del silenzio e della meditazione: Il
distacco dal mondo (Servitium 2005); Elogio
del nulla (Servitium 2005); L’equilibrista
(Servitium 2005); Consumazione
(Servitium 2006), La parte mancante
(Servitium, 2007), L’ottavo giorno
(Servitium 2008).
Essi danno anche ragione del
carattere di Bobin: un uomo schivo, appartato, lontano dalle luci della
ribalta: “un eremita”, “un mistico in comunione con la natura”, “l’apostolo del
dettaglio”, “l’innamorato del filo d’erba” – sono alcune definizioni della
critica d’oltralpe. Immagini che danno appena un’idea del mondo che ci viene
incontro quando conversiamo con Bobin. Perché per parlare di lui è necessario parlare con
lui: riportare la sua voce e accordare la nostra alla sua fino all’unisono.
Consigliando questo libro mi
vengono in mente le parole di Bobin quando dice – nella Luce del Mondo (Gribaudi 2001)“La vita dei libri e della gente è
molto personale. Non si può indurre qualcuno a una lettura dicendogli: ‘Leggi,
vedrai, è magnifico’, né ad un’amicizia dicendogli: ‘dovresti frequentare quel
tale, è un tipo formidabile’. Non funziona mai così. Bisogna trovare se stessi.
Da bambino, non volevo che mi si imponesse cosa dovevo fare e leggere. Il vero
può solo passare da se stessi”.
Chissà… solo per questo, forse,
vale la pena di leggere Christian Bobin.
di Maddalena Cavalleri
(recensione apparsa sul settimanale Verona Fedele diversi anni fa)
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