sabato 26 aprile 2014

Il Medio Oriente cristiano di Antonio Picasso (2010)



“Il cristianesimo mediorientale è un mosaico che, osservato da lontano, appare uniforme. A mano a mano che ci si avvicina, però, i singoli tasselli emergono e si profilano nella loro singolarità, con una forma, una misura e un colore del tutto unici”. Ci aiuta ad osservare questo mosaico Antonio Picasso, viaggiatore-giornalista che con rispetto e curiosità tutta laica, ci propone questo reportage tra i cristiani nel cuore della mezza luna fertile. Il Medio Oriente cristiano (ed. Cooper, 2010) presenta otto capitoli scritti con chiarezza divulgativa che hanno il pregio di attraversare le diverse comunità sparse nelle terre dove è nato e si è poi diffuso il cristianesimo. Il viaggio inizia davanti alla chiesa del Santo Sepolcro, con una domanda tutta politica che il generale israeliano Moshe Dayan rivolge ai suoi soldati, nuovi conquistatori di Gerusalemme (Guerra dei sei giorni): “E ora cosa ci facciamo con tutto questo Vaticano?”.
Il viaggio, dopo una breve introduzione storico politica delle guerre che si sono succedute nel tempo per la conquista di Gerusalemme, procede nel suq della città vecchia, per continuare a Betlemme e a Nazareth, attraverso Israele, i Territori Occupati e la striscia di Gaza dove però l’autore non ha avuto il permesso di entrare. Egli riesce comunque a raccontarci come vivono i cristiani grazie alla testimonianza di Padre Mudros e dello stesso patriarca latino Twal Fouad.
In questo cammino, incontriamo anche i cristiani della Giordania, del Libano, della Siria, dell’ Egitto, dell’Iraq e della Turchia. Di ogni chiesa cristiana, ascoltiamo la storia, o meglio il dramma, direttamente dalla voce delle loro guide spirituali.
Pregevole lo sforzo di fornire al lettore delle chiavi di lettura interpretative dando il quadro storico politico e religioso in cui vive ogni comunità. Difficile, infatti,  prescindere dalla politica: sia quella giocata dalle grandi potenze europee nel grande “Risiko” di inizio secolo sia quella dei singoli stati, ieri come oggi.
Tuttavia la lettura scorre piacevolmente mentre l’autore ci conduce nelle diverse realtà con rispetto e a tratti con poesia. Come quando a Istanbul rimane incantato ad ascoltare una mamma assira fuggita dal Kurdistan iracheno mentre recita il rosario in una lingua incomprensibile: “non è arabo con la sua scorrevole dolcezza, cadenzata da suoni gutturali. E tanto meno turco, fatto di vocali strette costellato da dieresi continue.” E’ il sureth una forma moderna di aramaico. L’Iraq, dove il cristianesimo attecchisce già nel I sec. d.C., serba ancora questi tesori nonostante tutti i pogrom vissuti dai cristiani. Ma al di là della poesia, la testimonianza di monsignor Sleiman denuncia la situazione drammatica che vivono i cristiani in questa terra martoriata.
Purtroppo la diaspora cristiana attraversa tutto il Medio Oriente. Unica eccezione sembrano essere la Siria e, in tono minore, la Giordania dove i cristiani sono inseriti nella pubblica amministrazione e dove re Abdallah nel 2001 ha proclamato il 25 dicembre e il 1° gennaio feste nazionali alla pari di quelle islamiche.
“Ad Aleppo e a Damasco – dice Padre Selim di Nazareth - la vita è diversa, ecco forse lì i miei confratelli sono più poveri, oppure legati a un sistema politico meno democratico di quello israeliano. Chiedetevi però, voi occidentali, per quale motivo da Israele alla Palestina si fugga e non invece dalla Siria”.
Le chiese cristiane divengono agli occhi del viaggiatore come tante nebulose: frammentate, sparse qui e là, sempre più vittime di una situazione politica che sta provocando una diaspora inarrestabile. Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, ci restituisce, a questo proposito, una realtà pesante da accettare:“Con le divisioni che ci caratterizzano, la povertà e le persecuzioni di cui siamo vittime, il nostro peso è nullo. Da anni poi la situazione ha provocato un’ondata migratoria, per cui i cristiani che abitano in Terra santa si sono ridotti all’1% della popolazione. Cosa possono fare quando sono così in pochi?”.
In aumento sono i matrimoni misti tra fedeli delle diverse chiese cristiane: la base delle parrocchie sembra agire con maggior ragionevolezza rispetto alle loro guide spirituali, ancora divise.
Ma i capitoli che forse attirano maggiormente l’ attenzione del lettore sono quelli dedicati alle chiese protestanti, al cui interno esiste una grandissima differenza di prospettiva nei confronti del Medio Oriente.
Il Kaiser Guglielmo II e poco dopo il generale Allenby entrano a Gerusalemme attraverso la Porta di Giaffa con stili e politiche diverse. La chiesa luterana e anglicana da allora iniziano a radicarsi nel territorio cercando di rispettare la popolazione nella loro identità. Ma è la chiesa evangelica statunitense, o meglio le sue miriadi di “nebulose” che stanno portando tra gli arabi cristiani maggior scompiglio. Questi “Sionisti cristiani” a differenza dei protestanti di origine europea, sono animati da un forte e autentico spirito evangelico, “appesantito da una forte componente politica” in quanto appoggiano apertamente la politica espansionistica dello Stato di Israele in contrasto e netta opposizione con le altre chiese e congregazioni protestanti (anglicani, calvinisti, luterani, metodisti etc..) i cui fedeli sono arabi.
Essere cristiani in Medio Oriente sta diventando sempre più difficile: il fondamentalismo islamico, il conflitto israelo-palestinese stanno rendendo sempre più difficile la vita dei cristiani. I giovani, grazie agli ottimi studi offerti dalle stesse scuole cristiane, scelgono di andare all’estero per darsi migliori opportunità di vita.
Il Medio oriente cristiano porta fino a noi questa diaspora silenziosa insieme a un salmodiare di donne.

“A fianco della donna irachena – in una chiesetta di Istanbul - una ragazza prega a voce più bassa, poi c’è un’anziana e infine una una signora di età imprecisabile. Sono rispettivamente un’araba della Siria – quindi melchita – un’anziana armena con gli occhi azzurri e luccicanti, e una signora turca… Nel salmodiare, ognuna segue il suo cammino. La prima prega in arabo, la seconda in armeno, l’ultima in turco” 

di Maddalena Cavalleri
(la recensione è stata pubblicata da Verona Fedele diversi anni fa)

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