Claudio Vercelli, ricercatore di Storia contemporanea,
presso l’Istituto di studi storici "Gaetano Salvemini" di Torino, nel
suo libro Il negazionismo. Storia di una menzogna (Editori Laterza,
Roma-Bari 2013), ci propone una sorta di paradosso: prova a ricostruire la
storia dei negatori della storia. Lo fa con grande abilità e chiarezza, usando
un vocabolario accessibile a tutti: le pagine scorrono veloci e anche il
lettore più profano non trova inciampi nella lettura. Oggi il negazionismo ha
già una sua storia con diversi autori e varie correnti di pensiero che hanno
una ricaduta mediatica sempre più vasta, grazie soprattutto alla diffusione in
rete. Ma che cos’è, in sintesi, il negazionismo? Secondo Vercelli, il
negazionismo olocaustico non è altro che “un insieme di affermazioni nelle
quali si contesta o si nega la realtà del genocidio sistematico degli ebrei
perpetrato dai nazisti, e dai loro complici, nel corso della Seconda guerra
mondiale”. Nel suo libro, Vercelli dapprima delinea il metodo negazionista
e la sua struttura logica, poi presenta lo sviluppo del negazionismo e i suoi
prodromi nei diversi Paesi: dagli Stati Uniti alla Francia, dall’Italia ai
Paesi arabi e mussulmani, facendo via via i distinguo tra negazionismo, revisionismo,
riduzionismo e sterminazionismo, termini che dipendono dal
punto di vista dell’autore. A questo proposito, è istruttivo cogliere le differenze che ci
possono essere tra le stesse voci negazioniste che si sono succedute nel corso
dei decenni a seconda dei Paesi di riferimento. Nonostante le diverse sfumature
e approcci che caratterizzano le ormai tante voci negazioniste, sono
sostanzialmente tre i punti della - per
loro – “versione ufficiale della storia” ad essere negati: 1) l’esistenza delle camere e gas e
forni crematori in quanto impossibili “tecnicamente”; 2) il numero di 6 milioni
di morti (quei “pochi”che vi sarebbero stati sarebbero morti per malattia e
deperimento; 3) mancanza di documenti scritti che possano provare le intenzioni
dello sterminio degli Ebrei e la sua progettualità da parte dei tedeschi. Per i
negazionisti, è stata la propaganda dei vincitori - per alcuni coadiuvata dagli stessi ebrei
sionisti - ad aver messo in giro questa "versione" e costretto gli
stessi testimoni di Norimberga a supportarla. Persino il diario del comandante
di Auschwitz, Rudolf Höss (pubblicato nel 1960 da Einaudi col titolo Comandante
ad Auschwitz e oggi ancora diffuso nelle librerie) non è attendibile per i
negazionisti, in quanto proveniente da un ufficiale vinto processato a
Norimberga. Le stesse testimonianze dei sopravvissuti sono per loro
inaffidabili, non solo perché interessate, ma anche perché contraddittorie. E
il Diario di Anna Frank? Un altro falso clamoroso! Uno dei primi
negazionisti, Paul Rassinier, è invece il loro "vero" testimone,
perché è stato “deportato per motivi politici a Buchenwald e Dora”: lui sa, lui
ha veramente visto! Peccato, però, che egli “non entrò mai a contatto con i
campi di sterminio operanti nella Polonia occupata” - particolare che,
ovviamente, non viene messo in evidenza dai negazionisti. Perché questa è la
loro tecnica: decontestualizzare, concentrarsi su un particolare, evidenziare
delle contraddizioni, omettere dati che confuterebbero la “dimostrazione” e
continuare in modo quasi ossessivo a ripetere le stesse argomentazioni, senza
mai avere una visione di insieme. In questo modo ecco per i negazionisti
svelata "la grande menzogna sionista" che ha voluto creare il
"mito" dell’Olocausto a difesa dello Stato di Israele. E si arriva
così al vero nervo scoperto: la legittimazione dello Stato di Israele. Scrive
Vercelli: “Un ultimo passaggio, oggi senz’altro il più importante, è quello
che riconduce il negazionismo alla riviviscenza dell’antisemitismo. Il nodo è
la presenza dello Stato di Israele che ha concorso ad alimentare, ma anche a
modificare, l’impianto degli stereotipi antigiudaici. L’attribuzione ad esso
della colpa di avere generato un falso clamoroso, lo sterminio, a proprio
beneficio, serve a decolpevolizzare le ideologie antisemite”. Proprio
perché la Shoah sta ormai diventando per molti giovani, e non solo, una "leggenda
metropolitana", è dovere di tutti non abbassare mai la guardia. Claudio
Vercelli ci offre, al riguardo, un strumento utilissimo.
Questo articolo è stato pubblicato da Verona Fedele, 26 gennaio 2014.
Questo articolo è stato pubblicato da Verona Fedele, 26 gennaio 2014.