sabato 12 settembre 2015

IL TEMPO DALLA MIA PARTE di Mohamed Ba (San Paolo 2013)



Mohamed Ba, Il tempo dalla mia parte, San Paolo, 2014 pagg. 140  



Il tempo dalla mia parte (San Paolo 2013) è un romanzo autobiografico di Mohamed Ba, autore teatrale e musicista, che racconta la propria esperienza di emigrante clandestino in Europa. Senegalese, classe 1963, nato a Dakar, Ba, spinto dal bisogno di costruirsi un futuro, approda prima in Francia (la sua madre/matrigna coloniale) e poi in Italia: si stabilisce a Milano, dove lavora come mediatore culturale. Il tempo dalla mia parte è il suo primo libro scritto in italiano ed è dedicato alla madre che non ha più potuto riabbracciare. La storia è simile a mille altre storie e concorre a creare un Canto Universale del Grande Esodo. È Ba stesso, musulmano, a riprendere l’immagine biblica degli Ebrei cacciati dalla Terra di Egitto. Come allora, anche oggi vi è un mare da attraversare, il mare nostrum del Mediterraneo divenuto per Ba, ma non solo, il “cimitero nostro” dove non si finiscono più di contare le migliaia e migliaia di corpi: uomini, donne bambini che non sono riusciti a raggiungere la tanto agognata Terra Promessa (dal 1988 sembra che le persone inghiottite dalle acque siano state circa 25.000, difficile avere un numero preciso).

Il racconto si apre con la grande figura del nonno di Amed protagonista e voce narrante della storia: “Il nonno era la coscienza di un’Africa che non c’era più, ma che ugualmente stava alle mie radici" - radici senza le quali è impensabile la sua identità africana: è la figura patriarcale del nonno a richiamarle sin dall’inizio del racconto. All’aeroporto di Dakar, dove l’anziano si è recato ad accompagnare il nipote Amed, in partenza per l’Europa, un controllore chiede di esibire un documento di identità; il vecchio, dopo essere andato su tutte le furie, risponde: “Faresti molto meglio a chiedermi una mappa delle mie radici, perché la mia identità è così complicata da non poter essere rinchiusa in uno dei vostri pezzetti di carta!” La questione dell’identità è centrale nel romanzo: è infatti una nuova identità che cerca il protagonista Amed. Ma quale identità? Come afferrarla? O meglio, come costruirla? Ci vuole tempo ed è proprio con il tempo dalla sua parte che egli potrà costruire, giorno dopo giorno, umiliazione dopo umiliazione, sconforto dopo sconforto, la propria nuova “carta” di identità, senza dimenticare le radici della sua terra di origine, intrise di saggezza e dignità. La spinta a partire per l’Europa gli viene dalla sua gente: una grande siccità ha colpito il piccolo villaggio di Jolof, dove il giovane vive. Già prima di lui, altri sono partiti per andare alla ricerca del tamburo magico che avrebbe messo fine alla siccità. Amed si metterà così sulle tracce di Barin e del tamburo. Dalla Francia all’Italia, passando per Nizza, nascosto nel bagagliaio di una macchina perché ignaro degli accordi di Schengen. A Milano, Amed è accolto da una comunità di africani organizzata su regole ferree, caratterizzata da una certa intransigenza, dettata dalla sopravvivenza. Ma un giorno Amed decide di lasciare quella casa e dopo una serie di vicissitudini dolorose, sceglie di raggiungere Lampedusa. Prima di allora, il lettore non era ancora entrato nel vivo della tragedia: il tono della narrazione è leggero, a volte ironico e senza alcun tipo di vittimismo o di denuncia contro i “cattivi” europei. Al contrario, la voce si interroga, interpella e ci offre nuovi sguardi di interpretazione dei cambiamenti epocali in cui siamo tutti immersi. Ma poco a poco, il tono cambia, si fa più cupo e tragico; il protagonista sente che è giunto il momento di abbandonare la propria storia, per mettersi in ascolto del Grande Esodo: sa che per ridisegnare la sua nuova identità deve dare forma e dignità a tutte quelle persone che hanno lasciato la loro terra.
Giunti a Lampedusa con Amed, in silenzio ci chiniamo per auscultare il battito del suo tamburo perduto. Avvertiamo i colpi delle ferite, ascoltiamo le voci dei morti che ci ricordano– nel caso non ci prestassimo più attenzione - che siamo tutti, tutti, esseri umani.

  
Questo articolo è stato pubblicato da Verona Fedele, 4 maggio 2014.


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