venerdì 14 marzo 2008

FRANÇOIS-RÉNÉ DE CHATEAUBRIAND: UN ARISTOCRATICO A GERUSALEMME – 1806 (7^ parte) : IL MURO DEL PIANTO E LA VALLE DI GIOSAFAT












Foto 1: Antica edizione dell' Itinéraire de Paris à Jérusalem de Chateaubriand
Foto 2: Il Presidente francese Nicolas Sarkozy riceve il Presidente Israeliano Shimon Perès nella sua visita ufficiale in Francia (marzo 2008)
Foto 3: Pianta di Gerusalemme antica
Foto 4: A Gerusalemme, la chiesa di Sant’Anna e la Piscina Probatica
Foto 5: A Gerusalemme, la Piscina Probatica
Foto 6:Il Muro del pianto oggi
Foto 5: Il Muro del Pianto – 1845 H. Bartlett
Foto 7: Il Monte Sion oggi
Foto 8: La Valle di Giosafat e le Tombe dei re.
Foto 9: Valle di Giosafat


SARKOZY E IL DONO SCELTO PER PERES

Leggo sulla pagina in internet de Le Figaro, dell’11 marzo 2008, che in occasione della visita ufficiale in Francia del Presidente israeliano Shimon Pérès, il Presidente francese Nicolas Sarkozy ha scelto come regalo da donare al suo ospite, una stampa raffigurante l’aristocratico francese Chateaubriand e quattro volumi antichi dell’ Itinéraire de Paris à Jérusalem pubblicato in Francia nel 1802.

Chissà se Sarkozy, e i suoi consiglieri, conoscono il contenuto del libro. Il titolo è chiaro: si tratta del viaggio che il giovane aristocratico francese compì a Gerusalemme nell’ottobre del 1806 e molto probabilmente, ciò basterebbe a sancire il legame forte tra la Francia e Israele, secondo i politici d’oltralpe.
Ma come vengono raccontati gli Ebrei dal nobile cristiano francese, paladino e difensore della fede cristiana? Un pensatore che aveva da poco pubblicato in patria Le Génie du Christianisme e che partiva per conoscere i luoghi prescelti da Dio per la sua Incarnazione in Gesù Cristo?
Chissà se Perès poi se lo legge sul serio…

Di seguito, anticipo alcune riflessioni, appunti e brani da me tradotti che possono in parte darci un’idea di come Chateaubriand percepisse il mondo ebraico agli inizi del XIX° secolo. Se me ne occupo nella mia bibliothèque, è perché il suo pensiero mi appare più che mai attuale. Ciò non significa che io sia d’accordo con ciò che egli scrive, ma che i suoi “reportages” d’inizio secolo, possono dare al lettore del secondo millennio, nuovi e inesauribili spunti di riflessione, dal momento che anche un capo di stato lo sceglie come dono, consapevolmente o meno, per il presidente dello Stato d’Israele!

Curiosa, agli occhi di noi contemporanei, è la suddivisione che Chateaubriand ci presenta delle antiche vestigia presenti a Gerusalemme. Il suo interesse, come già abbiamo visto dal suo itinerario di viaggio, non è rivolto alla Palestina, ma a Gerusalemme, dove c’è il luogo Santo per eccellenza: la tomba vuota di Gesù Cristo: il Santo Sepolcro. Da vero paladino della fede, va direttamente al cuore della cristianità per vedere con i propri occhi, il luogo che ha cambiato il corso della storia.

Egli, in modo molto preciso, dettagliato e diligente, mette a conoscenza il lettore dei diversi monumenti che si possono visitare a Gerusalemme, distinguendone sei tipi:
1. monumenti prettamente ebraici;
2. monumenti greci e pagani ai tempi dei romani;
3. monumenti greci e romani al tempo del cristianesimo;
4. monumenti arabi o moreschi;
5. monumenti gotici sotto i re francesi;
6. monumenti turchi.

Sentiamo cosa ci racconta:
Veniamo ai primi.
Non si vede più alcuna traccia di questi a Gerusalemme, eccezion fatta per la piscina Probatica; annovero infatti i Sepolcri dei Re e le Tombe di Assalonne , di Giosafat e di Zaccaria, nel numero dei monumenti greci e romani eseguiti dagli Ebrei.
E’ difficile farsi un’idea chiara del primo e del secondo Tempio, da ciò che riporta la Scrittura e dalla descrizione che ne fa Giosafat; ma due cose si intuiscono: gli Ebrei avevano una predilezione per ciò che è cupo e grande, come gli Egiziani; essi amavano i piccoli dettagli e gli ornamenti ricercati, sia nelle incisioni su pietra sia negli ornamenti in legno, in bronzo e in oro.
Il Tempio di Salomone, essendo stato distrutto dai Siriani e il Secondo tempio ricostruito da Erode, rientra nell’ordine di quelle opere per metà ebraiche e per metà greche, di cui presto parlerò. Nulla dunque resta dell’architettura primitiva degli Ebrei a Gerusalemme, al di fuori della Piscina Probatica.
[1] […]. Giuseppe (Flavio) chiama questa piscina “stagnum Salomonis” (in latino nel testo), il Vangelo la chiama Probatica, perché venivano purificate le pecore destinate ai sacrifici. Fu al bordo di questa piscina che Gesù disse al paralitico: “Alzati, e prendi il tu letto”
Ecco tutto ciò che resta oggi della Gerusalemme di Davide e di Salomone.

[…] I monumenti della Gerusalemme greca e romana sono più numerosi, e formano una classe nuova e molto singolare nelle arti. Inizio con le tombe della valle di Giosafat e della valle di Siloé. Quando si attraversa il ponte del torrente di Cedron, si trova ai piedi del mons Offensionis il sepolcro di Assalonne.
[…]
[2]

Passiamo ora al terzo tipo dei monumenti di Gerusalemme, ai monumenti del cristianesimo prima dell’invasione dei Saraceni. Non ho più nulla da dire poiché li ho descritti quando ho dato conto dei luoghi santi. Farò soltanto una sottolineatura: poiché tali monumenti debbono la loro origine a dei Cristiani che non erano Ebrei, essi non serbano nulla del carattere mezzo-egiziano, mezzo greco che ho osservato nelle opere dei principi Asmonei e di Erode; essi sono semplici chiese greche del tempo della decadenza dell’arte.
[3]

Quindi i monumenti che fanno parte della storia ebraica, come ad esempio le Tombe dei Re e di Assalonne, sono “percepiti” come espressione dell’ arte romana: “pagana”, perché eretti prima del cristianesimo. Chateaubriand, come già sappiamo, dispone delle fonti della sua epoca che non smette mai di citare.
[4].
In viaggio, abbiamo incontrato molti gruppi di giovani israeliani (ragazzi e ragazze), in divisa militare, radunati presso una di queste tombe per ascoltare una visita guidata sulla loro storia. (Nella foto n 8 che ho scelto, forse è possibile scorgerli in lontananza).

Nonostante Chateaubriand abbia studiato l’ebraico, come cristiano e studioso, si è formato sulle traduzioni greche e latine dei testi sacri, l’influsso della cultura di cui queste lingue sono portatrici, con le categorie mentali che le caratterizzano, ha profondamente formato non solo la mente del giovane pensatore ma anche il cristianesimo occidentale nelle sue fondamenta, facendogli completamente rimuovere le radici ebraiche, che solo con il papato di Karol Woytila hanno cominciato a essere riconsiderate dalla massa dei fedeli cattolici
[5].
Chateaubriand, a mio avviso, incarna tutta la grandezza e il limite di questo tipo di cristianesimo, fino a divenirne il simbolo.

Tutto il resoconto di Chateaubriand è caratterizzato da uno sguardo fortemente cristiano: tutto per lui è in funzione della storia della salvezza. Quindi anche gli Ebrei e la loro esistenza.
Egli, sembra infatti rimanere indifferente all’aspetto religioso “di ciò che resta del Tempio”, oggi diremmo Muro Occidentale o Muro del Pianto. D’altra parte, è bene ricordare che quando giunge in Egitto, in pieno Ramadam, non annota nulla nei suoi appunti di viaggio: nemmeno lo stupore per le diverse abitudini religiose.

Edward Said continua a sottolineare l’indifferenza di Chateaubriand nei confronti della realtà che incontra, non si stanca di sottolineare, che per lui, tutto è in funzione della storia della Salvezza.
Non vede e riconosce nulla per ciò che è. Infatti, non andrà a visitare il Muro del Pianto, e se ci va, non ce ne parla; egli non lo nomina mai come luogo di preghiera caro agli ebrei. Ci racconta sì del Tempio ma solo per presentare, come ho già detto, i monumenti ebraici di Gerusalemme, che alla fine sono solo due: quel che resta del Tempio e la piscina Probatica.
Ma il Tempio è nominato per ricordare Gesù e le sue visite al Tempio oppure per raccontare la storia della Moschea del Tempio o di Omar- così chiamata, perché costruita sulle sue rovine.
E’ chiaro quindi che su quel che si intravede ancora del Tempio non posa affatto uno sguardo “ebraico”, ma, al contrario, totalmente cristiano.

E’curioso a questo punto far rilevare che la lunga descrizione dedicata al Tempio di Salomone e alla sua storia, è apparsa solo nelle prime edizioni dell’Itinéraire, in seguito, è stata inserita in nota dall’autore stesso.
[6] Forse non era reputata così importante e significativa da lui e dal suo pubblico che lo leggeva in Patria.

Certo, egli è uomo del suo tempo, un cristiano cattolico non certo figlio del Concilio Vaticano II né del papato di Karol Woytila!
La cristianità allora, viveva rapporti diversi con l’Ebraismo. Non esisteva ancora lo Stato di Israele e il Muro non aveva davanti a sé la grande spianata che gli conferisce un’imponenza e un’importanza che oggi può essere percepita da qualsiasi visitatore o pellegrino.
[7]

Ma ciò che colpisce il pellegrino Chateaubriand, non è il Muro del Pianto ma la Valle di Giosafat, dove si trovano le Tombe dei Re, (che egli reputa monumenti pagani).
L’aspetto della vallata è di desolazione sia nella parte occidentale che nella parte orientale (Monte degli ulivi e dello scandalo). “Le pietre del cimitero degli Ebrei si mostrano come un ammasso di relitti ai piedi della montagna dello scandalo, sotto il villaggio arabo di Siloan”.
La parte occidentale è una grande falesia di gesso che sostiene le mura gotiche di Gerusalemme; sopra si intravede Gerusalemme. Di fronte: il Monte degli Ulivi e dello scandalo, essi hanno un colore rossastro scuro e sui fianchi deserti, sparute vigne nere e bruciate, boschetti di olivi, cappelle e oratori e rovine di moschea. Così ci descrive il panorama che si distende davanti ai suoi occhi.

Chateaubriand è fortemente impressionato da questo spettacolo di desolazione: la tromba del Giudizio Universale sembra essere già suonata. Qui giace la tomba di Giosafat e la Valle di Giosafat (o Valle dei Re) sembra servire da cimitero a Gerusalemme: gli Ebrei vengono a morire qui da tutte le parti del mondo, ci informa il nostro viaggiatore.
La valle è chiamata anche Valle dei Dolori: qui Davide compose i canti del lutto, Geremia fece sentire le sue Lamentazioni e Gesù Cristo iniziò la sua passione nella solitudine .

Valle così piena di misteri che secondo il profeta Gioele, tutti gli uomini vi devono comparire un giorno davanti al giudice temibile. Congregabo omnes gentes, et deducam eas in vallem Josaphat, et disceptabo cum eis ibi (Raccoglierò tutte le genti, e le porterò nella valle di Giosafat, e là emetterò un giudizio con loro)
[8]. È ragionevole, dice il padre Nau, che l’onore di Gesù Cristo sia riparato pubblicamente nel luogo dove è stato privato della vita attraverso tanti obbrobri ed ignominie e che egli giudichi giustamente gli uomini, nel luogo dove essi l’hanno giudicato così ingiustamente.”[9]

Anche poco prima di partire, si sofferma nella valle di Giosafat ai piedi della tomba di Giosafat, rivolto al Tempio per immergersi nella lettura della grande tragedia di Racine Athalie(1691)
Sceglie l’ultima tragedia del grande drammaturgo francese di ispirazione biblica, il riferimento è al passaggio del Libro dei Re. Athalie è una donna che ha preso il potere e ha instaurato il culto di Baal. Ella vuole distruggere la stirpe di Davide, ma perirà sotto le sue stesse trame. Tutta la scena dei cinque atti è il tempio di Gerusalemme.
Chateaubriand si lascia trasportare dai versi di Racine e gli sembra di sentire le voci dei profeti ma più che la Parola a smuoverlo sono i versi di Racine.
[10]
Dopo averli assaporati, con lo sguardo rivolto la tempio, se ne tornerà al convento dei francescani.
AL MONTE SIONNel suo girovagare per Gerusalemme, Chateaubriand si reca anche al Monte Sion dove incontra ebrei vestiti di stracci, seduti in mezzo alla polvere di Sion mentre cercano gli insetti che li stanno divorando, con gli occhi fissi sul Tempio.
Da studioso, ha fatto delle ricerche sulla condizione degli Ebrei a Gerusalemme dalla distruzione del Tempio di Tito fino ai suoi giorni ma preferisce rimandare il lettore ad altre opere, in particolare a quella dell’abate Guenée, uno studioso (1717-1803), autore di una eruditissima Recherche sur la Judée.
Chateaubriand, non ama fare come quei viaggiatori a lui contemporanei che attingono da altri autori senza citarli, per far sfoggio di un’ erudizione in realtà “rubata”. Egli, al contrario, essendo venuto a conoscenza di quest’opera che si trova pubblicata nelle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni, dichiara l’inutilità dei propri studi e delle proprie ricerche e, per questo, decide di non soffermarsi su questo aspetto, rimandando i lettori direttamente all’opera segnalata.
[11]

Un giorno, camminando attorno al Monte Sion, vorrebbe comprare una torah in una sinagoga (Chateaubriand aveva studiato un poco l’ebraico), ma il rabbino non glielo permette. L’episodio ci viene riportato così come è accaduto, senza alcun rancore o giudizio morale sul rabbino o sulle abitudini e usanze ebraiche.
Ciò che impressiona l’aristocratico francese è la miseria del quartiere e delle case, nient’altro.
Riguardo agli Ebrei di Gerusalemme, egli così annota nel suo Itinéraire: “Hanno osservato che gli Ebrei stranieri che si fissano a Gerusalemme, vivono per poco tempo. Quanto a quelli di Palestina, sono così poveri che ogni anno vanno a fare delle ricerche tra i loro fratelli d’Egitto e del Marocco”
[12]

Poco prima di lasciare la Palestina, egli annota alcune considerazioni sul popolo ebraico, che, come sempre, trasfigura in funzione della storia della salvezza:

Mentre la novella di Gerusalemme esce così “dal deserto, brillante di chiarezza”, buttate l’occhio tra la montagna di Sion e il Tempio; vedete questo piccolo popolo che vive separato dal resto degli abitanti della città. Oggetto particolare del disprezzo di tutti, china il capo senza lamentarsi; subisce tutte le umiliazioni che gli vengono fatte in pubblico, senza chiedere giustizia, si lascia aggredire senza lamentarsi; gli chiedono la testa: la presenta al cimitero. Se qualche membro di questa società messa ai margini, giunge qui per morire, il suo confratello lo seppellirà senza farsi vedere durante la notte, nella valle di Giosafat, all’ombra del tempio di Salomone. Penetrate nella dimora di questo popolo, lo troverete in una miseria spaventosa, mentre fa leggere un libro misterioso a dei bambini che, a loro volta, lo faranno leggere ad altri bambini. Questo popolo continua a fare ciò che faceva cinquemila anni fa. Ha assistito diciassette volte alla rovina di Gerusalemme, e nulla può scoraggiarlo; nulla può impedirgli di volgere lo sguardo da Sion. Quando vediamo gli ebrei dispersi sulla terra, secondo la parola di Dio, ne restiamo probabilmente sorpresi: ma per essere còlti da uno stupore soprannaturale, bisogna ritrovarli a Gerusalemme; è necessario vedere questi legittimi padroni della Giudea schiavi e stranieri nel loro stesso Paese; è necessario vederli mentre attendono sotto tutte le oppressioni, un re che deve venire a liberarli. Schiacciati dalla Croce che li condanna e che è piantata sulle loro teste, nascoste vicino al tempio, di cui non resta pietra su pietra, essi dimorano nella loro deplorevole cecità. I Persiani, i Greci, i Romani sono scomparsi dalla terra; e un piccolo popolo, la cui origine precedette quella dei grandi popoli, esiste ancora, senza essersi mai mescolato, nelle rovine della propria patria. Se qualcosa, tra le nazioni, porta in sé un carattere miracoloso, noi riteniamo che esso stia qui. E cosa può suscitare maggiore meraviglia, persino agli occhi del filosofo, se non questo incontrarsi dell’antica e della nuova Gerusalemme ai piedi del Calvario: la prima mentre si affligge al cospetto del sepolcro di Gesù Cristo risuscitato¸ la seconda, mentre si consola presso l’unica tomba che non avrà nulla da restituire alla fine dei secoli!”
[13]

Chateaubriand è un uomo intriso di una cultura tutta francese e cattolica che guarda e sosta in quei luoghi che hanno ospitato la nascita del figlio di Dio, con il cuore e lo sguardo di un mondo che guarda solo in funzione di se stesso e della propria storia.
Gerusalemme e i suoi luoghi lo confermano, infatti, della bontà del proprio mondo.
Egli non sembra percepire la grande apertura del Vangelo e non fa proprio lo sguardo che se assunto nel profondo, squarcerebbe tutte le coordinate che ognuno ha assimilato dentro di sé.

In queste pagine, incontriamo un uomo del XIX° secolo chiuso nel proprio universo: un viaggiatore che si vede confermare nelle proprie certezze, esaltando così la percezione di sé e della cultura di cui è espressione.
Eppure, a mio modestissimo parere, non è troppo lontano da tanti cattolici tradizionalisti che spesso occupano le pagine dei giornali per qualche manifestazione, invettiva pro-cristiana e, ahimé, anti-ebraica.
[14]

Chateaubriand, dopo aver ripercorso a suon di numeri e immagini atroci, il massacro che Tito fece del popolo ebraico, facendo riferimento alla fonte dell’abate Guenée, così scrive:

Dio ascoltò il voto degli ebrei e per l’ultima volta esaudì la loro preghiera, dopo di ché distolse lo sguardo dalla Terra Promessa e scelse un nuovo popolo
[15]
NOTE AL TESTO
[1] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., pp.390-391. La Piscina Probatica o Piscina di Betsheda: “Il Vangelo racconta che un giorno Gesù venne condotto alla Piscina Probatica, nel quartiere di Bethesda, a nord di Gerusalemme, e che là guarì uno dei paralitici che si immergevano nelle sue acque. Ai tempi di Gesù la piscina era formata da due vasche rettangolari, profonde 20 m e circondate da un portico: queste grandi cisterne fornivano al Tempio, che non è lontano, l'acqua per le abluzioni rituali. La piscina deve il suo nome al greco probatiké (delle pecore), con cui si designava una porta nelle mura della Città Vecchia: con il passare dei secoli è stata trasformata prima in un tempio romano, consacrato al dio della medicina Esculapio, e quindi in una basilica paleocristiana dedicata alla Madonna. Oggi è un'area archeologica di proprietà dal 1856 del governo francese, ed è affidata ai Padri Bianchi.(http://www.sapere.it)/.”, insieme alla Chiesa di Sant’Anna aggiungiamo noi. Tale restituzione da parte dei Turchi alla Francia avvenne a seguito della Guerra di Crimea (1853-1856) come segno di riconoscenza per essere stati alleati, insieme agli inglesi, contro la Russia zarista.
[2] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., pp.391
[3] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., pp.399
[4] Oggi l’Archeologi in Israele e nei Territori occupati è divenuta una vera e propria arma da guerra. Segnalo un articolo a mio avviso molto interessante, che ovviamente propone il “suo” punto di vista a questo proposito (!)http://www.custodia.org/spip.php?article2416&lang=it : Archeologia alternativa: “da Siloe a Silwan”. Preoccupati del sistematico uso politico delle ricerche archeologiche e del discredito a cui di conseguenza è sottoposta l’archeologia stessa, alcuni archeologi hanno deciso di fondare un’organizzazione con lo scopo di opporsi a questa deriva ideologica. Il gruppo si chiama “Da Siloe [il nome ebraico] a Silwan [il nome arabo]”. Messo on line il lunedì 18 febbraio 2008 da Eugenio
[5] Consiglio un bellissimo libro “Il Dio in armi”, di Jill Hamilton, una storica inglese che dimostra quanto la religione protestante , da sempre attenta all’Antico Testamento, abbia non poco influenzato i politici inglesi durante la politica estera del mandato britannico, e non solo. A suo parere, la cultura protestante ha dato un impulso non indifferente alla creazione dello Stato di Israele.
[6] Nelle prime edizioni dell’Itinéraire, si trova una descrizione dettagliatissima del tempio e dello stile. Nelle edizioni successive tale descrizione vien soppressa. Oggi fa parte del corredo di note della pubblicazione Gallimard.
[7] La grande spianata davanti al Muro Occidentale è stata fatta dopo la vittoria di Israele della guerra dei sei giorni (1967). Il muro si trovava racchiuso e confinato da case: molte di queste case erano abitate dalla popolazione araba. Dalle foto che ho scelto, si può vedere il muro come è oggi e come era prima del 1967. “Il 10 giugno le ruspe israeliane cominciarono a radere al suolo il quartiere medievale Mughrabi nella Città Vecchia cancellandolo completamente nel giro di quattro mesi con la distruzione di 135 case abitate da circa 650 mussulmani . L’operazione aveva lo scopo di realizzare una grande piazza di fronte al Muro occidentale che permettesse ad un maggiore numero di ebrei di pregare di fronte al Muro del pianto” di Maurizio Debanne.
[8] Gioele, III,2.
[9] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., pp 359
[10] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., pp 407-408
[11] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., pp 382
[12] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., pp 381
[13] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., pp 449-450
[14] (A questo proposito rimando – per chi ne avesse tempo e voglia - alla lettura del post del 9 febbraio (titolo La preghiera per gli Ebrei), che poco tempo fa mio marito, Lorenzo Gobbi, ha scritto in occasione del cambiamento voluto da papa Benedetto XVI nella preghiera del venerdì Santo, nel testo della Liturgia che si celebra in latino, http://www.lattenzione.blogspot.com/)
[15] Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op.cit., pp. 369

2 commenti:

Angela ha detto...

Cara Maddalena, grazie per questo ultimo post. Che tu non sposassi le idee di Chateaubriand non avevo dubbi. Ho scritto di getto un commento per dirti a quale riflessioni mi spingono le sue parole di uomo del 18° secolo. Anche Dante, uomo del Medioevo, mi scuote le viscere...ci sono parole che non hanno tempo! Comunque le tue osservazioni e proposte sono necessarie per capire la radice del pensiero europeo moderno.
A te e a Lorenzo, un pensiero in questa meravigliosa settimana santa.
Angela

Anonimo ha detto...

ottimo, grazie, non sapevo niente di questo autore ma veramente noi cristiani siamo sempre stati così ingiusti nei confro nti degli ebrei? davvero abbiamo pensato che la croce sia piantata sulle loro teste per schiacciarli? ma gesù nno ha perdonato a chi lo uccideva?
speriamo proprio che peres non lo legga!