sabato 18 aprile 2015

MARCELINE DESBORDES-VALMORE, UN COLPO DI FULMINE



Dopo aver letto la Grande Vie di Christian Bobin non ho potuto fare a meno di andare a cercare la mia tesi di laurea. Titolo della tesi: Marceline Desbordes-Valmore: une introduction à l'œuvre poétique
Un titolo pretenzioso ma intriso di buone intenzioni. Ricordo di essermi imbattuta in questa poetessa grazie a un'edizione italiana che raggruppava alcune poesie dei poeti maledetti, e tra questi veniva introdotta anche lei. Il libro (vd foto) si intitolava Verlaine. I poeti maledetti. Un sottotitolo presentava la raccolta come "Una 'classica' antologia che ha segnato un'epoca definendo il simbolo della poesia moderna e contemporanea". È dunque grazie a questa pubblicazione della Newton Compton curata da Rendina del 1980 che mi sono imbattuta nella grande poetessa francese dell'Ottocento. 



In questa antologia, leggevo questa poesia (ne propongo già la traduzione di Rendina):

Le donne, lo so, non dovrebbero scrivere;
     Ma io scrivo
Perché tu possa leggere lontano nel mio cuore, 
    Come quando sei partito

Non dirò nulla che non sia in te 
     Molto più bello
Ma la parola detta cento volte, quando viene da chi si ama,
     Sembra nuova.

Come non rimanerne abbagliati? 
La poesia prosegue e altre ne seguono: Jour d'orient, Renoncement, L'inquiétude, Les deux Amours, Les deux Amitiés, Le Sanglots. Ricordo che iniziai a cercare notizie su questa poetessa e mi accorsi che anche in Francia (stavo studiando a Ca'Foscari Lingua e Letteratura Francese) non vi era granché su di lei. Scelsi così di fare la tesi su questa poetessa ancora poco nota e il prof. Giovanni Cacciavillani, all'epoca ricercatore, mi incoraggiò a proseguire nel lavoro. Andai a Parigi, dove cercai di raccogliere più informazioni possibili alla Bibliothèque Nationale fino a quando un giorno, mentre stavo lavorando, mi imbattei in una nuovissima (allora! 1983) pubblicazione di una raccolta delle poesie di Marceline Desbordes Valmore curata dal grance poeta Yves Bonnefoy. Un segno che mi spronava a proseguire nel mio lavoro.
Rileggo qui e là e ritrovo la lunga analisi del Rêve intermittent d'une nuit triste, la poesia di cui parla Bobin ne La Grande Vie. È meraviglioso vedere come grazie alla scrittura le parole si rincorrono nel tempo creando fili invisibili ma concreti perché legati a persone e cose: scrittori, lettori e libri. 












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