sabato 28 marzo 2009

MILANA TERLOEVA, HO DANZATO SULLE ROVINE








Ho da poco finito di leggere Ho danzato sulle rovine di Milana Terloeva. Mi ci sono imbattuta dovendo preparare un incontro, insieme all’amico Stefano Verzé, sulla Russia di Putin e sulla grande giornalista Anna Politoskaja.
L’autrice è una giovane cecena di 28 anni che per i casi strani e bizzarri della vita si è trovata a vivere un’esperienza da sogno a Parigi dove ha potuto frequentare la facoltà di Scienze Politiche e la scuola di Giornalismo. Un’esperienza “da sogno” rispetto alla vita dura e insostenibile della guerra in Cecenia.
Il libro si apre a Orechovo, suo villaggio natale, nel dicembre 1994, mese che segna l’inizio della prima guerra cecena e si chiude, dodici anni dopo, nell’estate del 2006, a Groznyj, la capitale.
Ammetto che della Cecenia so poco nulla, e quel poco che ora so, lo sono venuta a sapere grazie ai libri della Politoskaja e a questo della giovane Terloeva. Oltre a sapere molto poco, ho potuto percepire solo ciò che passano le nostre televisioni (pur non avendo la TV) e le nostre radio. Ovvero, poco nulla. O meglio, il nulla. Evviva il potere del libro! Leggerlo, è stato come conversare tranquillamente davanti a una tazza di caffè, con Milana che racconta di sé, della sua famiglia, del suo Paese e dei suoi amici. In questo modo, ho scoperto tante cose, tutte quelle che nessun telegiornale ti racconta perché solo a pochi interessano ma soprattutto perché si preferisce far passare ben altro. A dire la verità, Putin non mi è mai piaciuto e non capivo perché un anticomunista come Berlusconi potesse andare così d’amore d’accordo con un ex funzionario del KGB. I soldi si sa non hanno né odore né sapore… Ma dopo aver letto le due giornaliste, mi sono fatta la mia opinione che gli amanti di Berlusconi sicuramente non condivideranno. Berlusconi è santo e santo resta, e non è di lui che voglio parlare.
Ma torniamo a queste due donne straordinarie: grazie a loro sono venuta a conoscenza del “grande gioco" sporco della guerra cecena, dei campi di filtraggio e delle zacistka ovvero delle operazioni di pulizia che l’esercito russo compie nei confronti del popolo ceceno.
Traggo dal libro, Ho danzato sulle rovine, pp. 93,94
 Alkhan Jurt, Cecenia primavera 2000
Tutto è calmo nel villaggio di Alkhan Jurt. Solo le esplosioni in lontananza e il canto degli uccelli spezzano il silenzio dell’alba. Si scorgono ancora le ultime stelle della notte, la luna incontra il sole che viene a prendere il suo posto.
All’improvviso, un fracasso incredibile risveglia gli abitanti. Carri armati, veicoli blindati di trasporto delle truppe, poi camion dell’esercito federale si riversano ad Alkhan Jurt. Decine e decine di soldati corrono da tutte le parti gridando, circondano le case, sfondano le porte a colpi di calcio di fucile. E’ un’”operazione di pulizia”.
Gli abitanti si pongono tutti le medesime domande, chi sarà definito “terrorista” per coprire le quote di un impero in pieno regresso staliniano? Chi avrà la fortuna di poter restare a casa sua? Quanti saranno quelli che spariranno oggi?
Ad Alkhan Jurt, in questa fresca mattina di aprile, tra i perdenti della grande lotteria antiterrorista c’era il mio amico Musa, ventiquattro anni. Le cicatrici delle sue ferite del 1995 hanno avuto valore di prova: è stato subito classificato tra i discepoli di Bin Laden. L’hanno mandato, insieme ad altri ragazzi, nel famoso campo di Cernokosovo. Musa mi ha parlato così del suo “soggiorno” nell’inferno dei campi di filtraggio:
“A Cernokosovo hanno sciolto dei cani rabbiosi nel camion e ci hanno fatto scendere usando il calcio del fucile. Poi ci hanno fatto passare nel “corridoio”. E’ un rito dei russi: i soldati formano due file, si muniscono di manganelli e ci fanno sfilare nel mezzo. I colpi piovono senza tregua. Un minuto sembra un’eternità. Vuoi proteggerti la testa con le mani. Ma non serve. Un soldato ti colpisce al ventre. Meccanicamente abbassi le braccia per proteggerti il ventre, e così via…”
Le torture proseguono a pag. 95, ma mi fermo prima non perché finiscono ma perché sono dure da sostenere.
La questione cecena è una questione antica per la Russia. Nel racconto, Chadzi-Murat, Tolstoj parla del “cardo ceceno” che il filosofo francese André Glucksmann riprende nella prefazione al libro della Politoskaia Cecenia. Il disonore russo. Da Caterina II a Putin, la Russia ha seppellito uomini nel grande cimitero caucasico per ricordare a ogni russo che c’è sempre un prezzo da pagare quando si vuole resistere agli ordini che arrivano dall’alto. Putin l’ha capito bene. E la seconda guerra cecena affonda lì le sue radici.
Continua Glucksmann, nella prefazione al libro di Anna Politoskaja, Cecenia. Il disonore russo:
Quanto alle prospettive aperte dalla scuola putiniana di crudeltà, Anna ne evoca qui le tragiche conseguenze. “In Cecenia siamo caduti in un buco nero, abbiamo allevato una tale quantità di assassini cinici che basterebbe a soddisfare il fabbisogno di killer  a pagamento dell’intero pianeta. Rispondo alle mie parole: una persona su due uccisa in Cecenia è un civile abbattuto in condizioni di giustizia sommaria. Questo significa che migliaia di militari che hanno servito in Cecenia sono dei boia sistematici (p. 10)
La Politoskaia più avanti prosegue:
A volte passeggio tra le rovine della capitale cecena. Parlo con i suoi abitanti, li guardo negli occhi, ripenso alle loro storie  e mi rendo conto che la mia mente rifiuta di credergli, contesta, respinge i loro racconti. Semplicemente per proteggersi. Ci credo e non ci credo, vorrei non farmi contaminare. Sono realmente qui, ma allo stesso tempo è come se fossi in un film…
Non è possibile che le nostre autorità si ostinino in modo così imbecille a opprimere quelli che vivono qui! Perché continuare a perseguitare abitanti che hanno già sopportato fardelli disumani per il solo fatto di essere rimasti in questa orribile città?(pp.16-17)
Prima di concludere, mi preme segnalare il sito dei giovani francesi capeggiati da Gluksmann che hanno creato questa associazione che si occupa di far studiare a Parigi giovani che provengono da Paesi in guerra. http://www.etudessansfrontieres.org/  
Inizia così il libro della giovane giornalista cecena:
Caro lettore
A Groznyj un uomo vagava con la sua balalaica. La guerra gli aveva preso tutto e soltanto la musica lo teneva legato alla vita. A volte veniva a suonare sotto la mia finestra e raccontava che un tempo aveva attraversato la Russia, l’Europa, il mondo intero con il suo strumento. Le sue strane avventure terminavano tutte allo stesso modo: «Ma, dopo, la guerra...»
Un giorno arrivò nel cortile del mio caseggiato, con le braccia ciondoloni, vuote e inutili, senza musica. I soldati avevano rubato il suo ultimo bene. Con un’amica ho raccolto dei soldi, poi tutte e due siamo andate al mercato a comprare una balalaica. Sulla strada del ritorno abbiamo notato una decina di soldati armati e un gruppetto di civili. Il musicista giaceva a terra, il corpo crivellato di pallottole. Era stato ucciso, insieme a otto giovani del quartiere, nel corso di un’« operazione di pulizia ». L’indomani, la televisione di Mosca annunciava con orgoglio l’eliminazione di nove terroristi.
Ecco cos’è Groznyj oggi, un caos di morti e di menzogne dove delle ombre umane lottano per sopravvivere. Questo libro non aspira a demolire la propaganda o a spiegare un conflitto vecchio di tre secoli. È la storia semplice di una ragazza, uno specchio che scorre lungo le strade sconvolte della mia cara Cecenia.
©2007, Corbaccio 2008

1 commento:

Angela ha detto...

Grazie per questa testimonianza.
Farò in modo di procurarmi i libri.
Buon lavoro sempre
Angela